ALLA COMMISSIONE DELL’UNIONE EUROPEA
SEGRETARIATO GENERALE
B-1049 Bruxelles ilze.juhansone@ec.europa.eu; pascal.leardini@ec.europa.eu
ISTANZA DI PROCEDURA D’INFRAZIONE
EX ART. 258 tfue
Con il presente atto si denuncia lo Stato italiano che all’esito dei reiterati Decreti Legge asseritamente emanati al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha violato (e viola) gli artt. 2, 6, comma 3 del Trattato dell’Unione Europea, oltre che gli artt. artt. 15 e 52, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Denunciante: … …, Via … …, telefono … …, mail … …
Cittadinanza: italiana
normativa violata: artt. 2, 6, comma 3 TUE, oltre che gli artt. artt. 15 e 52, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
MOTIVI A SOSTEGNO DELL’ISTANZA
IN FATTO
Si premette brevemente che l’ordinamento italiano non prevede norme in materia di “stato di emergenza” che legittimano deroghe alla Carta fondamentale e ai diritti e alle libertà fondamentali da essa garantiti.
La Costituzione italiana prevede esclusivamente lo “stato di guerra” (art. 78) quale evento legittimante il conferimento al governo di non meglio specificati “poteri necessari” ma, al di là di tale ipotesi, non è dato ravvisare all’interno dell’ordinamento italiano alcunché che legittimi l’esproprio delle funzioni del Parlamento e/o la violazione di diritti e libertà fondamentali garantiti dalla Costituzione italiana e dalle Convenzioni regionali e internazionali di cui l’Italia è Stato parte.
Ad onta di quanto precede, in data 31 gennaio 2020 con delibera del Consiglio dei Ministri (cioè con un atto amministrativo) il governo italiano ha dichiarato uno “stato di emergenza” per asserito rischio sanitario connesso a malattie derivanti da virus altamente contagiosi” per un periodo di sei mesi a far data dal provvedimento e, inizialmente, fino al 30 giugno 2020.
Lo “stato di emergenza” è stato dichiarato sulla base del “Codice” della Protezione Civile (D. Lgs. n. 1/2018) che, da un canto, prevede che lo “stato di emergenza nazionale” possa essere dichiarato, per limitati e predefiniti periodi di tempo in predeterminate e circoscritte zone, in occasione di eventi “calamitosi” di origine naturale o antropica e, d’altro canto, è legge ordinaria.
Sulla base di tale “stato di emergenza”, reiterato fino al 31 marzo 2021, il governo italiano continua ad agire in danno dei cittadini italiani tramite l’emanazione di una legislazione altamente lesiva dei diritti e delle libertà fondamentali e dei valori e principi che sono alla base dell’ordinamento europeo.
In altri termini, il governo italiano fin dal 31 gennaio 2020 (e attualmente fino al 31 marzo 2022 salvo eventuali e prevedibili proroghe) ha ritenuto (e ritiene) unilateralmente di esautorare delle sue prerogative il Parlamento italiano sulla base di una legge ordinaria che prevede situazioni diverse da quella esistente in Italia all’epoca dell’assunzione del provvedimento (e anche successivamente), in violazione del principio di legalità proprio di ogni Stato di diritto e dunque anche in violazione dell’art. 2 tue.
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Il governo italiano ha emanato una pluralità di provvedimenti normativi tramite i quali ha imposto l’obbligo di vaccinazione dapprima solo ad alcune categorie di lavoratori e in un secondo momento alla generalità dei lavoratori italiani.
In particolare, ultimo in ordine di tempo, con il Decreto Legge n. 172 del 26 novembre 2021, il governo italiano, pur non volendo assumere la responsabilità di un obbligo vaccinale generalizzato, continua ad emanare provvedimenti che obbligano i lavoratori ad assumere un vaccino che non immunizza e non preserva da eventi avversi (e talvolta dalla morte), pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
La ragione della (solamente apparente) non obbligatorietà del vaccino è facilmente comprensibile nella misura in cui un obbligo generalizzato di vaccinazione comporterebbe una assunzione di responsabilità da parte dello Stato con conseguente obbligo al risarcimento dei danni ex legge 25 febbraio 1992 n. 210 nel caso di danni irreversibili (compresa la morte) determinati dalla assunzione del vaccino. È già successo, infatti, che all’esito di una richiesta di risarcimento degli eredi di una donna la cui morte è stata incontrovertibilmente accertata come causata dal vaccino anti Covid, agli interessati è stato risposto che la vaccinazione non è obbligatoria.
Dunque, oltre al danno, anche la beffa.
Nondimeno, il governo italiano discrimina fra cittadini vaccinati e cittadini non vaccinati i quali ultimi, al di là di una passeggiata al parco, non possono: 1. esercitare la propria attività lavorativa; 2. Provvedere alle proprie necessità quotidiane in quanto privati della retribuzione; 3. attendere a qualsivoglia attività di tipo ludico-ricreativo; 4. non possono esercitare la libertà di circolazione se non dotati di “certificazione verde” (green pass) rilasciata all’esito di avvenuta vaccinazione e non possono neanche utilizzare i mezzi di trasporto pubblico urbani ed extraurbani.
Si ricorda che l’art. 2 tue presenta, oltre ad una valenza esterna (il rispetto dei valori di cui al citato articolo è condizione di adesione all’Unione europea), anche una valenza interna nella misura in cui ex art. 7 tue la violazione (grave e persistente) o anche “l’evidente rischio di violazione grave” dei valori di cui all’art. 2 tue, può determinare l’avvio di una procedura che, in un certo senso, può essere definita “sanzionatoria” nei confronti dello Stato che se ne sia reso responsabile.
Si ricorda anche che la Comunicazione dell’11 marzo 2014 (“Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo stato di diritto”), sottolinea che “Lo Stato di diritto è la spina dorsale di ogni democrazia costituzionale moderna. È uno dei principi fondanti che discendono dalle tradizioni costituzionali comuni di tutti gli Stati membri della ue e, in quanto tale, è uno dei valori principali su cui si fonda l’Unione, come richiamato dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (tue) nonché dal preambolo dello stesso trattato e da quello della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta). Anche per questo motivo, l’articolo 49 del tue subordina l’adesione alla ue al rispetto dello Stato di diritto. Inoltre, lo Stato di diritto (preminenza del diritto) costituisce, accanto alla democrazia e ai diritti dell’uomo, uno dei tre pilastri del Consiglio d’Europa, sancito nel preambolo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (cedu)”.
Pur volendo tralasciare gli innumerevoli provvedimenti assunti dal governo italiano fin dagli esordi della diffusione del virus Sars-Cov 2, si domanda alla Commissione europea se ritiene ammissibile che uno dei suoi Stati fondatori possa pretermettere il rispetto di quei valori su cui la ue dice di fondarsi.
Dica la Commissione europea se ritiene ammissibile che uno dei suoi Stati fondatori sospenda dal lavoro e dalla retribuzione i cittadini che rifiutano l’assunzione di vaccini autorizzati sotto condizione sulla base del Regolamento 507/2006/ce della Commissione del 29 marzo 2006 relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Quanto al citato Regolamento (n. 507/2006/CE), è noto che i c.d. vaccini asseritamente anti Covid-Sars 2 attualmente in commercio, hanno ottenuto una mera autorizzazione condizionata e a titolo sperimentale, all’immissione in commercio ex art. 4 del detto Regolamento.
L’articolo 4 in questione stabilisce espressamente che “Un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata può essere rilasciata quando il comitato ritiene che, malgrado non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale, siano rispettate tutte le seguenti condizioni […]”, e fra le condizioni richieste vi è quella di cui alla lett. c) in base alla quale occorre che “il medicinale risponde ad esigenze mediche insoddisfatte”.
Nondimeno, il n. 2 dell’art. 4 in questione specifica che “per esigenze mediche insoddisfatte si intende una patologia per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o trattamento autorizzato nella Comunità o, anche qualora tale metodo esista, in relazione alla quale il medicinale in questione apporterà un sostanziale vantaggio terapeutico a quanti ne sono affetti”.
In altri termini, il presupposto per il rilascio di una autorizzazione condizionata di un farmaco sperimentale è la totale mancanza di altro tipo di farmaci che possano condurre alla cura e alla guarigione da una determinata malattia.
In proposito, è appena il caso di specificare che la validità dell’autorizzazione condizionata al commercio dei vaccini c.d. anti Covd-Sars 2 è già venuta meno atteso che in una pluralità di Stati membri (Italia compresa) sono attualmente disponibili protocolli di cure con anticorpi monoclonali e/o antivirali (da ultimo l’Italia ha autorizzato il commercio di due antivirali – molnupiravir e remdesivir – per il trattamento di pazienti non ospedalizzati per Covid-19) ritenute meno pericolose per la salute della persona di quanto non siano i vaccini attualmente in commercio e, si ripete, autorizzati sotto condizione.
Peraltro, protocolli terapeutici idonei a fronteggiare la malattia sono stati già da tempo convalidati dalla European Medical Agency e anche proprio da codesta Commissione, oltre che dalla Agenzia Italiana del Farmaco.
Dunque, il Regolamento ce n. 507 del 2006 ha cessato di produrre i suoi effetti autorizzatori e l’imposizione governativa italiana di continuare la campagna vaccinale obbligatoria aggiunge illegalità ad illegalità.
Si domanda quanto sia legittima, conforme ai principi di non discriminazione e proporzionalità e corrisponda al rispetto dei valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani di cui all’art. 2 tue, l’imposizione di un obbligo di vaccini (un obbligo che è sostanzialmente tale e non anche formalmente) la cui immissione in commercio è sottoposta a condizione e pur in presenza dell’esser venuta meno una delle condizioni che ne aveva autorizzato l’immissione in commercio (condizionata) e cioè farmaci idonei alla cura della malattia.
Dica la Commissione europea se tali provvedimenti non siano specificamente violativi anche dell’art. 15, commi 1 e 2 della Carta dei diritti dell’Unione europea e lo stesso art. 3, comma 2 del tue.
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Premesso quanto sopra si ritiene che lo Stato italiano all’esito della pluralità di Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Decreti legge e soprattutto all’esito della continua proroga dello stato di emergenza (circostanza che può essere definita “An indefinite and uncontrolled state of emergency”) abbia violato (e violi) una pluralità di norme previste nei Trattati istitutivi.
In diritto, si evidenzia quanto segue.
Art. 2 tue, violazione del principio di legalità e dello Stato di diritto:
in Italia non esiste una norma di diritto positivo né di rango costituzionale e né di rango ordinario che legittimi una declaratoria di “stato di emergenza per motivi di carattere sanitario”;
anche a voler ammettere che il fondamento di legittimazione della dichiarazione dello “stato di necessità” possa essere rinvenuto (ma non è così) nel D. Lgs. n. 1/2018, tale “stato” avrebbe dovuto essere rigorosamente limitato nel tempo e nello spazio: i.e. avrebbe dovuto essere una misura provvisoria e temporanea. Al contrario, i reiterati provvedimenti di proroga dello “stato di emergenza o di necessità” ne hanno vanificato il carattere temporaneo e localizzato e hanno evidenziato esclusivamente la non necessarietà e la inefficacia dello stesso;
lo “stato di emergenza” proclamato dal governo italiano fuori da ogni previsione normativa, avrebbe dovuto esser contenuto entro ristretti limiti di spazio e di durata. Al contrario, di proroga in proroga il governo italiano ha prolungato il detto “stato”, al momento, fino al 31 marzo 2022, andando ben oltre i due anni previsti dal citato D. Lgs. n. 1 2018.
Art. 3, comma 2 tue
Il Decreto legge n. 221 del 2021 impedisce sostanzialmente la libertà di circolazione dei cittadini italiani discriminando e creando categorie di cittadini a seconda dell’assunzione o meno dei vaccini (approvati condizionalmente) ancora in commercio e riconosciuti dagli stessi produttori come prodotti medicinali “sperimentali”.
Art. 15 della Carta di Nizza
le misure adottate dal governo italiano sui vaccini sono palesemente ricattatorie e discriminatorie delle varie categorie di cittadini-lavoratori;
peraltro, mentre il Decreto legge n. 44 del 1° aprile 2021 prevedeva la possibilità, in alternativa alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, di adibire il lavoratore (gli Operatori sanitari) a mansioni diverse in modo da prevenire ogni possibile contatto con potenziali malati di Covid-19, il Decreto legge n. 172 del 26 novembre 2021 non ha previsto tale possibilità con conseguente ulteriore grave danno dei diritti del cittadino-lavoratore;
si fa presente che il governo italiano non ha emanato un provvedimento di generale obbligatorietà del vaccino per sottrarsi all’obbligo di un eventuale risarcimento del danno (ex legge 25 febbraio 1992, n. 210) conseguente all’assunzione dei vaccini (o asseritamente tali) attualmente in commercio.
Si fa presente che il governo italiano ha disposto un obbligo vaccinale (sostanzialmente generalizzato) ad onta del fatto che i detti vaccini abbiano ricevuto una mera autorizzazione condizionata e in assenza di certezze, da un canto, sull’assenza di controindicazioni all’assunzione dei farmaci in questione e, d’altro canto, in assenza di garanzie sulla superiorità dei benefici derivanti dai vaccini rispetto ad altri farmaci curativi della malattia in questione e ritenuti meno pericolosi per la salute anche alla luce degli artt. 3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (relativi rispettivamente al diritto all’integrità della persona e alla protezione della salute).
Che il detto obbligo vaccinale non è diretto alla prevenzione della diffusione della malattia Sars-Cov 2 è dimostrato da una pluralità di fattori:
Le persone vaccinate si ammalano di Sars-Cov. 2.
I contagi in Italia non accennano a diminuire.
Il caso di Gibilterra è emblematico: il cento per cento della popolazione residente è stato vaccinato e così pure sono stati vaccinati tutti i cosiddetti transfrontalieri che risiedono in territorio spagnolo e lavorano a Gibilterra. Nonostante questo, i contagi sono aumentati in modo verticale e ciò dimostra che i prodotti medicinali in questione oltre ad essere rischiosi per la salute non hanno alcun effetto immunizzante.
Le persone vaccinate che risultano positive al Covid non hanno obbligo di quarantena.
Il detto provvedimento legislativo crea la paradossale e inaccettabile situazione per la quale un cittadino non vaccinato e con tampone negativo non può utilizzare mezzi pubblici di trasporto, non può andare al ristorante, non può lavorare, non può prendere un caffè al bar, non può partecipare a un convegno, non può fare attività sportiva, ecc., mentre, al contrario, un cittadino vaccinato che può anche essere positivo e contagiare altri cittadini è autorizzato ad usare i mezzi pubblici di trasporto, può andare al ristorante e al bar, può lavorare, può andare a un convegno, può fare attività sportiva, ecc.
Si tratta all’evidenza di una inaccettabile misura discriminatoria e punitiva che in nulla si apparenta con una misura di prevenzione sanitaria e in proposito è appena il caso di far notare la bizzarra, ridicola e inaccettabile situazione per la quale viene imposto un vaccino perché il tampone non basta ma viene imposto anche un tampone perché il vaccino non basta.
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In ragione del fatto che “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia […] e del rispetto dei diritti umani” è impensabile che uno Stato membro (Stato fondatore del processo di integrazione europea) abbia assunto misure palesemente dirette alla violazione di tali valori.
In proposito, è appena il caso di ricordare che l’adesione ad un Trattato e il rispetto dei relativi obblighi, da un canto, non è un buon motivo per diminuire la tutela dei diritti riconosciuti dall’ordinamento interno e, dall’altro, non è un buon motivo per diminuire la tutela dei diritti riconosciuti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Stupisce che la Commissione inorridisca dinanzi alla sentenza del Tribunale costituzionale polacco del 7 ottobre 2021 ritenuta asseritamente violativa dello Stato di diritto e rimanga inerte di fronte alla sostanziale instaurazione di un regime autoritario (e per ciò stesso antitetico allo Stato di diritto) da parte dell’Italia.
In proposito, è appena il caso di ricordare che il Parlamento italiano è stato totalmente esautorato ed impedito di esercitare le sue funzioni di controllo democratico: nel corso dell’ultimo anno e mezzo il governo ha fatto ricorso per ben 35 volte al cosiddetto “voto di fiducia” che, impedendo ogni discussione parlamentare, ha messo il Parlamento dinanzi alla scelta di approvare i provvedimenti del governo o provocare una crisi governativa e ciò è accaduto specificamente per la approvazione “coatta” dei Decreti Legge con i quali unicamente il governo esercita i suoi poteri.
Art. 52, Portata dei diritti garantiti: “1. Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. 2. I diritti riconosciuti dalla presente Carta che trovano fondamento nei trattati comunitari o nel trattato sull’Unione europea si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai trattati stessi. 3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa”.
L’articolo in parola non necessita di particolari commenti rappresentando la sintesi delle violazioni commesse dal governo italiano ed esplicitate nel corso del presente esposto.
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Tanto premesso, si chiede che codesta Commissione voglia procedere con l’invio di una lettera di messa in mora per chiedere spiegazioni al governo italiano ed, eventualmente, dar luogo ad una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano nei modi e nelle forme previste dal tfue.
È appena il caso di rilevare che la Commissione europea potrebbe (e dovrebbe) procedere anche ex art. 7, comma 2, tue o, in alternativa, tramite la procedura di cui alla sua Comunicazione dell’11 marzo 2014 (“Un nuovo quadro dell’ue per rafforzare lo stato di diritto”).
Va da sé che se la Commissione europea non riterrà di procedere nei confronti dell’Italia ex art. 258 tfue, decreterà per ciò stesso, rendendosene responsabile, la ingloriosa fine dell’Unione europea e del processo di integrazione che menti illuminate, e memori degli orrori della guerra, avevano iniziato nel 1951.
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Si fa riserva di ogni ulteriore chiarimento che verrà richiesto da codesta Commissione.
Si autorizza codesta Commissione a rendere palese l’identità dei denuncianti nei suoi contatti con le Autorità dello Stato membro contro il quale è presentata la denuncia.
I sottoscritti, in conformità a quanto precisato nella “Comunicazione” di codesta Commissione del 20 marzo 2002 (com (2002) 141 def.), chiedono di essere informati circa l’esito della presente denuncia.