Con D.L. 04 febbraio 2022 n. 5 è stata introdotta la normativa in base alla quale nelle scuole primarie, con “cinque o più casi di positività accertati tra gli alunni presenti in classe” (due, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado) “per coloro che diano dimostrazione di avere concluso
il ciclo vaccinale primario o di essere guariti da meno di centoventi giorni o dopo aver completato il ciclo vaccinale primario, oppure di avere effettuato la dose di richiamo ove prevista, l’attività didattica prosegue in presenza (…)” mentre “Per gli altri alunni si applica la didattica digitale integrata per la durata di cinque giorni”.
Tale normativa si appalesa gravemente lesiva dei diritti dei minori in materia di istruzione, la quale, si rammenta, deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché all’evidenza discriminatoria, consentendo, o meglio, sancendo la differenza tra i minori che siano stati sottoposti al ciclo vaccinale, o guariti, e “gli altri alunni” carenti del suddetto requisito, che viene
pertanto configurato quale presupposto, non previsto da alcuna altra norma, per partecipare alla vita scolastica, intesa quale comunità non certo virtuale e filtrata attraverso uno schermo.
Pur nell’attuale assenza di obblighi vaccinali da un alto, e nella conclamata carenza di ragioni sanitarie nella fascia di età riferibile alla scuola dell’obbligo dall’altro, e di fronte alla locuzione di “emergenza epidemiologica da COVID-19” ripetuta come un mantra negli incipit di tutti i provvedimenti sinora adottati, al punto da poter essere considerata tautologica ed assumere contorni dogmatici, si introduce, anche nell’ambito scolastico dei giovanissimi, la crudele ed ingiustificata divisione tra alunni vaccinati e non vaccinati, nell’ottica e sul presupposto di una estensione dell’obbligo vaccinale, neppure surrettizio ; e proprio attraverso lo strumento preferito da questo governo: il ricatto e la discriminazione, per di più esercitati nei confronti di bambini
piccolissimi, e dei loro genitori.
Nel sistema premiale che le istituzioni governative hanno inteso adottare è insito chiaramente l’aspetto diametralmente opposto: la punizione. Non vi sono altre sfumature semantiche possibili nel considerare come ad un bambino, sano fino a prova contraria, sia impedito di accedere al luogo che, per antonomasia, è deputato all’accoglienza ed alla concreta applicazione dei principi di uguaglianza, svuotando di ogni significato sostanziale l’espressione
costituzionale “La scuola è aperta a tutti”, alla quale viene implicitamente aggiunto l’inciso “purchè vaccinati”.
Le misure da ultimo adottate, che apparivano già inique nella loro applicazione ai gradi di istruzione superiore, risultano ancora più inaccettabili applicate alla scuola primaria, e sono state già valutate negativamente da una parte considerevole di docenti, i quali non hanno mancato di
evidenziare che “la distinzione di trattamento scolastico tra alunni vaccinati/guariti e alunni non vaccinati” contrasta con “l’articolo 3 della Costituzione, che afferma il principio che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge e impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, sottolineando l’esistenza “di una discriminazione in base alle condizioni di salute e le scelte sanitarie” .
Posto che a tale disciplina sottende, conseguentemente, la conoscenza da parte delle istituzioni scolastiche della condizione di vaccinazione o guarigione recente degli studenti da ammettere a scuola in presenza, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali non ha mancato di sollevare, nell’audizione alla Camera, importanti osservazioni sulla necessità, da parte del legislatore, di interrogarsi sulla proporzionalità e ragionevolezza (e quindi in definitiva sulla legittimità) della “differenziazione, a monte, del regime didattico cui sono soggetti gli studenti, in ragione della condizione vaccinale o di guarigione, generalmente frutto (almeno la prima) di scelte rimesse non al minore, ma all’esercente la responsabilità genitoriale. Prima ancora di valutarne la proporzionalità sotto il profilo privacy, la disciplina in esame va analizzata da un punto di vista più complessivo, in ordine alla ragionevolezza della differenziazione nel diritto di fruizione dell’attività didattica nella sua modalità ordinaria (ovvero in presenza), in ragione della condizione immunitaria
(o presunta tale) dello studente”, invitando il legislatore a riflettere sul complesso bilanciamento “tra il diritto all’istruzione, concepito dagli artt. 33 e 34 Cost. quale strumento per il pieno sviluppo della persona umana e del progresso sociale, e il diritto alla salute quale fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e, appunto, il diritto alla protezione dei dati personali” concludendo che “Va infatti evitato ogni tipo di discriminazione, sia pur indiretta, peraltro nei confronti dei soggetti, quali i minori, cui l’ordinamento accorda una tutela rafforzata. Da questa
scelta di fondo dipende anche la legittimità, nell’an, del conseguente trattamento dei dati personali degli studenti” .
Quanto espresso dal Garante in tema di proporzionalità e ragionevolezza nell’ottica del bilanciamento dei diritti costituzionali, dunque, conduce necessariamente ad un giudizio negativo sulla normativa da ultimo introdotta nel sistema scolastico, in quanto la differenziazione tra
categorie di studenti destinatarie di una diversa disciplina si fonda su una scelta non solo arbitraria ma, neanche troppo velatamente, discriminatoria, con effetti punitivi per tutti i bambini ed i ragazzi che, legittimamente e nel rispetto della libertà di scelta individuale adottata dai genitori, non si siano sottoposti ad un trattamento sanitario non obbligatorio.
Ma vi è di più!
La discriminazione tra le categorie di soggetti è in continuo movimento, sposandosi da un gruppo di soggetti all’altro, e non lascerà nessuno impunito, salvo che si attenga scrupolosamente alle, ormai scontate, prescrizioni. Infatti, a ben leggere il testo del D.L. 5/2022 rientrano nella categoria dei non vaccinati anche coloro i quali, sebbene si siano sottoposti al ciclo primario della vaccinazione (con dose unica o doppia dose), o pur essendo guariti, abbiano visto decorrere 120 giorni dal dal completamento del ciclo vaccinale o dalla guarigione. Non sfuggirà al lettore più attento questa incongruenza dovuta qui ad una (voluta?) esposizione di un dato temporale che, diversamente tradotto, equivale a quattro mesi, allo scadere dei quali i genitori dovrebbero sottoporre i propri figli ad altra dose di richiamo, o sperare che si ammalino (!), al fine di garantire la presenza degli stessi nella classe, intesa quale luogo fisico. Con l’ulteriore incongruenza derivante, per coloro che hanno più di dodici anni, dall’essere in possesso del c.d. greenpass con
validità di sei mesi che però non servirà per entrare a scuola ma che potrà essere utilizzato per prendere l’autobus ed arrivare fino all’ingresso dell’istituto. L’assetto sopra descritto, già collaudato con grande successo negli altri settori della vita reale, può essere definito come il primo caso
storico di discriminazione itinerante a corrente alternata che colpirà, per la legge del paradosso, indiscriminatamente tutti ma non nello stesso tempo e non per le stesse incombenze quotidiane.
Con l’inarrestabile direzione antidemocratica assunta, ed una visione miope del mondo, ormai irrimediabilmente focalizzata su un unico obiettivo – la vaccinazione di massa – (ferocemente attuata con un inesorabile stillicidio di provvedimenti isterici e spesso tanto tardivi quanto obsoleti dal punto di vista della prevenzione), la politica attuale mostra di continuare ad ignorare la realtà che ci circonda, lasciando emergere, anche in una materia così delicata quale la formazione e la crescita delle nuove generazioni, una totale reattanza nel consentire valutazioni e confronti finalizzati a riconsiderare l’intera campagna vaccinale, anche sotto il profilo etico ed economico, come da più fronti auspicato , ed al fine di non continuare a “disperdere energie e risorse che inducono nella popolazione inutili disagi e nocumento”.
C O N S I D E R A T O C H E
La disciplina normativa contestata si pone in contrasto con:
L’art. 3 della Costituzione prevede “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
L’art. 34 della Costituzione statuisce che “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”.
L’art. 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani statuisce che “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.”
L’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani statuisce che “Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.”
Il decimo principio della Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo statuisce che “Il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili”.
Considerato altresì che, affinchè i princìpi ai quali sia la Comunità nazionale che internazionale hanno dichiarato di ispirarsi non rimangano disattesi, ma valorizzati e rinnovati, come anche espresso dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, nella sua dichiarazione del 10 dicembre 2018, secondo la quale “Il riconoscimento a livello globale che tutti gli esseri umani nascono liberi e godono di inalienabili e uguali diritti rappresenta oggi un principio che precede gli stessi ordinamenti statali. Il rispetto della dignità della persona non è, infatti, dovere esclusivo degli Stati, bensì un obbligo che interpella la coscienza di ciascuno. Tutti sono chiamati a darne quotidiana e concreta testimonianza (…) Purtroppo sono ancora diffusi in tutto il
mondo gli abusi, le violenze e le discriminazioni che affliggono individui e intere comunità, spesso colpendo i più vulnerabili. E’ quindi necessario che la comunità internazionale intensifichi gli sforzi in tutte le direzioni per promuovere un’efficace protezione delle libertà fondamentali, nel rispetto
dei principi di universalità, indivisibilità e interdipendenza dei diritti umani. L’Italia continuerà a impegnarsi a tale riguardo, soprattutto nelle sue funzioni di membro, a partire da gennaio 2019, del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Con questo mandato assumiamo una grande responsabilità: la promozione dei diritti umani nel mondo costituisce non solo un imperativo etico e morale, ma è uno strumento necessario per prevenire i conflitti, costruire società stabili e inclusive e, quindi, promuovere in modo sostenibile la pace, la sicurezza e lo sviluppo» .
Considerato infine che il giudizio di eguaglianza, “è in sé un giudizio di ragionevolezza, vale a dire un apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la «causa» normativa che la deve assistere: ove la disciplina positiva si discosti dalla funzione che la stessa è chiamata a svolgere nel sistema e ometta, quindi, di operare il doveroso bilanciamento dei valori che in concreto risultano coinvolti, sarà la stessa «ragione» della norma a venir meno, introducendo una selezione di regime giuridico priva di causa giustificativa e, dunque, fondata su scelte arbitrarie che ineluttabilmente perturbano il canone dell’eguaglianza”.
C O N S T A T A T O C H E
gli abnormi e contestati provvedimenti governativi, nell’ottica di uno sviluppo armonico ed integrale della persona, siccome previsto e consacrato all’interno dei principi della Costituzione italiana e della tradizione culturale europea, svuotano del tutto la finalità di promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle diversità individuali che la scuola attua attraverso il coinvolgimento attivo degli studenti e delle famiglie.
Ciò ha comportato una trasformazione della scuola: non più il luogo sicuro in cui formare ogni persona sul piano cognitivo e culturale, dotata di un’ampia gamma di competenze per affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali presenti e futuri, bensì un ambiente di distinzioni, paure ed incertezze da cui consegue un grave ed irreparabile danno per gli studenti, privati di quel bagaglio educativo e formativo necessario per divenire i futuri lavoratori e cittadini italiani, persone autonome, responsabili e pensanti.
In tal modo, sono stati abbattuti i pilastri della scuola, il cui precipuo compito era -ed ancora (e sempre) dovrebbe essere- l’istruzione, l’educazione sociale, il vivere insieme: in una sola espressione, la formazione della persona, la promozione delle sue potenzialità, la verosimile realizzazione delle sue aspettative, nelle molteplici accezioni contenute nei principi costituzionali Italiani ed espresse dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea.
Non da ultimo, per i fini che ci occupano, va richiamato l’accorato appello mosso dal dott. Fabio BIASI ai propri organi superiori, che, pochi giorni fa, in particolare, scriveva: “E’ semplicemente inammissibile, per un Garante dei Diritti dei Minori, non dare voce a quelle che sono le espressioni di grave disagio e di legittima protesta, a causa delle ulteriori e gravi limitazioni dei diritti fondamentali della persona: non posso quindi che comunicare alle SS.LL.
quello che viene dettato dalla mia coscienza, nella consapevolezza che l’omesso intervento renderebbe il sottoscritto complice di questa evidente, enorme ed ingiusta discriminazione.”
In limine, va sottolineato, altresì, che a tale appello si è unito quello della dr.ssa Camilla Bianchi, Garante per l’infanzia della Toscana, la quale, sollecitata da quasi diecimila genitori, alla ricerca di un aiuto, ha ammesso che <<…le persone di minore età … dopo due anni di emergenza sanitaria, continuano a scontare tutto il disagio e le drammatiche conseguenze della marginalizzazione…>> perché sono state loro richieste <<…rinunce e sacrifici altissimi in un
delicato e fondamentale momento di crescita e sviluppo…>> che <<…avrà comprovate ricadute negative sul benessere fisico e mentale, incidendo gravemente sulla loro vita e su quelle di una comunità intera.>>. Motivo che l’ha determinata ad inviare almeno due note al governo italiano
ove ha sottolineato le criticità del D.L. n.229/2021 e, poi, del D.L. n.5/2022 e nelle quali ha sollecitato le autorità competenti a prevedere <<…disposizioni normative che, efficacemente mediate e calibrate, siano in grado di ridurre in modo significativo le gravi criticità che le persone di minore età stanno attraversando…>> anche per <<…garantire equamente, e non in modo differenziato…>> quei diritti fondamentali tutelati dall’art.3, 1° comma, della Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo, ratificata in Italia con la legge n.176/1991, all’uopo ricordando la <<…netta posizione assunta da Amnesty International, con cui si esorta il Governo italiano a non utilizzare il green pass a scopi discriminatori.>> (https://www.eventiavversinews.it/camilla-bianchi-garante-per-linfanzia-in-toscana-scrive-a-governo-e-a-regione-basta-con-le-discriminazioni-dei-bambini-senza-green-pass/).
R I T E N U T O C H E
Codesta Autorità Garante é stata istituita con Legge 12.7.2011, n.112, proprio al fine di dare attuazione alla Convenzione ONU per i diritti del fanciullo ed alla Convenzione Europea per l’esercizio dei diritti del fanciullo.
L’attività svolta dal garante, secondo l’art.1 della citata normativa, viene esercitata senza vincoli di subordinazione gerarchica.
Tale normativa, tra le azioni fondamentali facenti capo al Garante, prevede la formulazione di pareri, osservazioni e proposte che gli permettono di influenzare le istituzioni e gli organismi che intervengono direttamente nell’ambito della tutela e della promozione dei diritti delle persone di
minore età.
Tali attività, in base all’art.3 della legge n.112/2011, consistono “inter alios”:
a)- nel promuovere l’attuazione della Convenzione di New York in materia di tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; (art.3, 1° comma, lett.a)
b)- nel vigilare sulla piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza; (art.3, 1° comma, lett.a)
c)- nell’esercitare le funzioni previste dall’art.12 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli; (art.3, 1° comma, lett.b)
d)-nel verificare che alle persone di minore età siano garantite pari opportunità nell’accesso all’istruzione; (art.3, 1° comma, lett.e)
e)- nel segnalare al potere esecutivo nazionale e locale, tutte le iniziative che assicurino la piena promozione e la puntuale tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento, tra l’altro, all’educazione e all’istruzione; (art.3, 1° comma, lett.g)
f)- nel formulare osservazioni e proposte sull’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relativi alle persone di minore età (art.117 Cost., 2° comma, lett. m); (art.3, 1° comma, lett.l)
g)- nell’esprimere pareri al Governo sugli atti normativi in materia di tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; (art.3, 3° comma)
h)- nel richiedere alla P.A., a qualsiasi soggetto pubblico ed a qualsivoglia ente privato di fornire informazioni rilevanti ai fini della tutela delle persone di minore età; (art.4, 1° comma)
i)- nel richiedere alla P.A. di accedere a dati ed informazioni, oltre che di procedere a visite e ad ispezioni presso strutture pubbliche e/o private ove siano presenti persone di minore età (come le scuole). (art.4, 2° comma).
La stessa normativa citata, poi, prevede che chiunque può rivolgersi all’Autorità garante per la segnalazione di violazioni ovvero di situazioni di rischio di violazione dei diritti delle persone di minore età, (art.6) tutto ciò premesso, considerato, constatato e ritenuto, gli “Avvocati Liberi – ALI – United Lawyers for Freedom”
I N V I T A N O E D I F F I D A N O
Codesta Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, acclarata la palese violazione delle normative nazionali e sovranazionali richiamate infra, nell’ambito delle sue prerogative e nei limiti delle sue competenze, a:
1)- intervenire formalmente e pubblicamente nei confronti del Governo rilevando l’illegittimità dei provvedimenti legislativi dal medesimo, via via adottati con riferimento alla piena tutela dei diritti tutti dei minori, primo fra tutti, il diritto alla scuola e, a seguire, allo sport, alla vita sociale, all’eliminazione di ogni discriminazione.
2)- intervenire formalmente e pubblicamente nei confronti di qualsivoglia P.A., centrale e/o territoriale, oltre che verso soggetti privati, per sollecitare la cessazione degli abusi, delle discriminazioni e dei soprusi che ledono gravemente i prioritari diritti di cui godono i minori: alla scuola, all’istruzione, alla socialità, allo sport, alla salute, ad una vita libera.
3)- indicare, quindi, formalmente e pubblicamente, i principi da osservare per garantire il pieno rispetto di tutti quei principi che porrebbero fine, nell’immediatezza, all’immane pregiudizio che i minori, loro malgrado, sono costretti a vivere in ogni ambito della loro vita (scolastica, sociale,
sportiva, etc.).
4)- esprimersi, formalmente e pubblicamente, sul livello attuale delle garanzie relative ai diritti civili e sociali delle persone minori di età che vivono in Italia.
5)- esprimere, formalmente e pubblicamente, al Governo, il proprio parere sugli atti normativi dal medesimo adottato e direttamente incidenti sulla vita scolastica, sportiva e, in genere, sociale dei minori italiani.
6)- porre in essere ogni altra iniziativa, comunque compresa nelle sue prerogative di legge, che ritenesse necessaria per porre fine alle gravi discriminazioni create tra i minori dai provvedimenti governativi contestati.