Estratto dai tre articoli pubblicati su LaNuovaBussolaQuotidiana a firma del giornalista Andrea Zambrano
- https://lanuovabq.it/it/i-condizionamenti-della-cassazione-per-bocciare-le-cause-sui-vaccini
- https://lanuovabq.it/it/la-cassazione-dettava-la-linea-sugli-effetti-avversi-trascurabili
- https://lanuovabq.it/it/scudo-penale-per-rassicurare-i-medici-e-non-frenare-le-vaccinazioni
Il documento è intitolato “La vaccinazione anti covid-19 e l’obbligo del Green pass nell’attuale quadro costituzionale e legislativo” ed è la relazione destinata ai giudici numero 103 su novità normativa del 28 ottobre 2021.
Lo stesso documento, leggermente sintetizzato e integrato di alcune parti sulle normative relative al lavoro, si ritrova però con sensibili modifiche sul portale del Massimario nella raccolta delle pubblicazioni e degli atti relativi al 2021 (QUI, da pagina 116).
Il documento è stato scritto a ottobre 2021, dunque nel pieno della campagna vaccinale con la somministrazione delle terze dosi, un periodo in cui la letteratura scientifica aveva già messo in guardia tanto sull’efficacia quanto sulla sicurezza dei vaccini, soprattutto a mRNA, e quando il farmaco Astrazeneca era già stato “scartato” dalla vaccinazione di massa per i problemi di trombosi che dava, mentre il IX° Report AIFA già indicava la presenza di 608 segnalazioni di decessi da vaccini covid19.
Ma di questo, nel testo redatto dai giudici della Cassazione non c’è traccia.
L’ultimo annuario pubblicato, quello del 2022 non contiene aggiornamenti sulla materia, quello del 2023, invece, non è stato ancora caricato sul portale, pertanto non è possibile ad ora sapere se nel frattempo sono usciti documenti aggiornati, ma quel che c’è è sufficiente per farsi un quadro di quello che i giudici hanno pensato e comprendere come è stata trattata nelle aule la questione “vaccini covid”.
La relazione si divide in 8 paragrafi, che nella versione pubblicata sull’annuario, sono invece sei, ma entrambe portatrici delle medesime direttrici, di un percorso logico-giuridico offerto ai giudici per rigettare la maggior parte delle cause intentate dai cittadini contro le sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione inflitte in ragione del loro rifiuto di piegarsi alle ragioni del vincolo di solidarietà sociale, attuate con la chiamata alla vaccinazione obbligatoria.
Il risultato è la totale cancellazione della libertà del singolo ad autodeterminarsi nella scelta delle cure a favore di una imposizione vaccinale che non funziona ed è pericolosa.
Con questo “Vademecum”, infatti, il Massimario della Corte di Cassazione ribadisce la costituzionalità dell’obbligo mandando alla magistratura le istruzioni su come decidere le “cause covid”, con tanto di risposte preconfezionate da scrivere nelle sentenze a seconda del tipo di questione sollevata o eccezione proposta dai cittadini ricorrenti.
Sulla base di assunti, poi, rivelatisi sbagliati, l’ufficio del Massimario della Cassazione ha guidato con il suo orientamento giudici e procure nelle cause legate al vaccino Covid-19.
Vaccini sicuri ed efficaci per definizione; Costituzione rispettata per fede; obbligo giusto per sé e per gli altri; Solidarietà e fedeltà allo Stato sino al sacrificio.
Non si tratta di giudici qualunque, bensì dei giudici del Massimario e dell’ufficio del ruolo della Corte di Cassazione, l’organo deputato alla revisione sistematica e analitica della giurisprudenza, che produce massime, relazioni e revisioni di tutto quello che viene proclamato in nome del popolo italiano.
In poche parole: un prontuario o un vademecum per orientare le decisioni dei giudici inferiori sulle cause aventi ad oggetto le misure emergenziali, l’obbligo vaccinale e le caratteristiche dei vaccini anti covid-19 -che pure ha investito e sta investendo ancora oggi gli uffici delle procure e le aule di giustizia- affinché risultasse una unica conclusione: “è andato tutto bene”.
Con premesse di questo tipo, indimostrate -e il più delle volte rivelatesi errate- il sistema giudiziario ha immesso nella gestione dei giudizi civili, penali e amministrativi le istruzioni per respingere ogni tipo di rivalsa di cittadini e lavoratori discriminati, danneggiati, resi invalidi e privi di green pass.
Per i magistrati di Cassazione, infatti, qualunque pretesa di giustizia da parte di chi avesse subito danni o discriminazioni dalla campagna vaccinale e dall’imposizione delle limitazioni date dal Certificato verde, avrebbe dovuto essere cassata in partenza perché è tutto conforme alla Costituzione.
Come?
Proprio grazie ai “suggerimenti” su come comportarsi da parte del più alto organo di revisione della giustizia a tutti i colleghi togati chiamati a giudicare questa tipologia di cause seguendo una “corrente” trasversale, che parte dai tribunali sino al CSM, e che dopo la lettura del documento è difficile non etichettare come pro-vax.
Con “suggerimenti” di questo tipo molte cause sono state archiviate o respinte da giudici che hanno tenuto conto della linea dettata dall’ufficio del Massimario.
La relazione riconosce che «tutti gli atti normativi nella prima fase dell’emergenza, come la decretazione d’urgenza, i D.P.C.M. e le ordinanze del Ministero della Salute hanno determinato limitazioni anche a diritti e libertà costituzionali» con la «preoccupazione di autorevoli giuristi» per poi spostarsi sul difficile rapporto tra «obbligo ed onere di vaccinazione» che vengono definiti «espressione di un dovere di solidarietà del singolo verso la collettività» mentre il «rifiuto della vaccinazione» viene respinto sebbene «espressione del diritto del singolo all’autodeterminazione».
Della serie: vaccinarsi per tutelare gli altri o non vaccinarsi per esaltare la propria singola autodeterminazione?
Il concetto di autodeterminazione, chissà perché per altre materie come quella dell’aborto è considerato assoluto, qui si può tranquillamente bypassare: «L’autodeterminazione è certamente un bene prezioso, ma può andare incontro a limiti fondati sul dovere di solidarietà nell’interesse della collettività», scrivono i giudici.
Tutta la relazione, infatti, insiste su questo duplice aspetto: il vaccino ha protetto se stessi e gli altri e quello della solidarietà vaccinale è un elemento indispensabile per poter giustificare l’aderenza al dettato Costituzionale, in particolare l’articolo 32.
Se ne trova traccia in diversi passaggi.
Laddove, ad esempio, i giudici ricordano che «per le vaccinazioni ricorrono le condizioni richieste per imporre un trattamento sanitario perché la loro finalità è quella di preservare dal contagio sia chi la riceve, sia gli altri ed in particolare coloro che non l’hanno ricevuta o non possono riceverla». Oppure quando, nel commentare il percorso argomentativo che portò nel 2018 la Consulta a dare il via libera alla Legge Lorenzin (che ha istituito l’obbligo pediatrico per sei vaccinazioni prima raccomandate ndr.), dice che «una legge impositiva non è incompatibile con l’articolo 32 della Costituzione se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri».
Con questi elementi, l’ufficio del Massimario ha potuto così concludere che «i bollettini periodici sull’andamento dell’epidemia prodotti dall’ISS (…) attestano che la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva sia nel contenere i sintomi della malattia, riducendo drasticamente il rischio di incorrere in sindromi gravi, sia nella trasmissione dell’infezione».
Dunque, per il Massimario, l’unico appiglio per giustificare l’efficacia dei vaccini, con la quale promuovere la vaccinazione come atto di solidarietà e rispettare così il dettato costituzionale, risiede nei bollettini emessi dall’ISS.
Ma questo – è ormai risaputo – oltre ad essere una fonte insufficiente, è pure palesemente falsa, come la realtà si è prontamente incaricata di dimostrare più volte e fin da subito della campagna vaccinale.
Un conto sono le fonti istituzionali, altro le fonti scientifiche.
Ma se proprio ci si voleva appoggiare alle prime, allora sarebbe bastato per i giudici della Corte Suprema andare al 21 dicembre 2020, alla vigilia della campagna vaccinale di massa.
Sul sito di AIFA compariva già il dispaccio dell’EMA che attestava fin da subito l’incapacità assoluta del vaccino di Pfizer di prevenire il contagio, di trasportarlo e di diffonderlo.
Basti ricordare che la frase di Mario Draghi «non ti vaccini, lui, lei si contagia e muore» è una delle fake news più note della storia: il vaccino anti covid non era immunizzante pertanto non è servito per impedire la trasmissione del contagio e arrivare alla cosiddetta e tanto sperata immunità di gregge, cui lo stesso ufficio auspicava in un passaggio della relazione.
A dirlo non sono soltanto le numerosissime ricerche scientifiche pubblicate in tutti questi anni, ma le stesse ammissioni delle case produttrici, alcune delle quali precedenti la messa in commercio.
Per quanto riguarda le difficoltà sul fronte dell’efficacia, infatti, è notoriamente ormai assodato dalla comunità scientifica che il vaccino non ha impedito la trasmissione da un soggetto all’altro. Il British Medical Journal, il 10 febbraio 2022 pubblicò in evidenza la notizia che i soggetti non vaccinati possono infettare tanto quanto quelli vaccinati. Da lì in poi è stato tutto un susseguirsi di conferme cliniche a questo assunto. Tra queste anche la ricerca Lancet che dimostrò come l’efficacia contro l’infezione Covid sintomatica tra individui vaccinati decade rapidamente sino ad annullarsi completamente dopo circa 6-7 mesi e diventare addirittura negativa.
Del resto, che non ci fossero studi sull’efficacia vaccinale è stata la stessa Pfizer/BioNtech a metterlo nero su bianco nelle dichiarazioni dei suoi più alti dirigenti in audizione al Parlamento europeo (Janine Small, presidente dei mercati internazionali della farmaceutica Pfizer) che, alla domanda se sapessero dell’arresto dell’immunizzazione prima che entrasse in commercio la risposta fu lapidaria: «No, abbiamo dovuto procedere alla velocità della scienza per capire che cosa stesse accadendo nel mercato e da questo punto di vista abbiamo dovuto fare tutto a rischio».
Oppure, come Wolfgang Philipp, direttore dell’autorità sanitaria europea Hera che, sempre alla commissione europarlamentare Covid, disse: «Se volete avere un vaccino che prevenga la trasmissione, buona fortuna. Noi non ce l’abbiamo fatta a scoprirlo, non è ancora disponibile».
Questi elementi dimostrano che la prova dell’efficacia dei vaccini tanto sbandierata da AIFA e ministero della Salute e recepita dai giudici del Massimario, non esisteva e non poteva basarsi su trials condotti in fase di sperimentazione.
I dubbi sulla capacità sterilizzante e immunizzante dei vaccini covid19 in effetti, erano stati levati da una parte significativa della comunità scientifica che aveva ben ponderato il significato delle schede tecniche dei vaccini fin dall’inizio della campagna vaccinale e poi, ancora, dai cittadini stessi (o almeno di quelli meno ideologizzati) che alla luce dei dati realtà hanno notato che i vaccini stessi non prevenivano la trasmissione e neanche la infezione.
Anche sul secondo pilastro della vaccinologia, quello della sicurezza, il Vademecum evidenzia la volontà di negare del tutto la presenza di effetti avversi significativi, seppure già alla fine della somministrazione della terza dose erano emerse le prime indicazioni di danneggiati anche gravi (ovviamente non a livello di opinione pubblica, dominata da un mainstream ossessivo e unidirezionale pro vaccinista, ma a livello scientifico e regolamentatorio).
Qualcosa stava già emergendo, ma i giudici del Massimario nella loro relazione hanno scelto di affidarsi soltanto all’ultimo report di AIFA disponibile allora, quello del 22 ottobre 2021, cioè ad una fonte insufficiente e non solo per quello che è emerso successivamente con l’inchiesta sugli AIFA leaks e con il procedimento che pende in Tribunale a Roma contro l’ex DG di AIFA Nicola Magrini, ma anche per tutta la mole di segnalazioni e di letteratura scientifica a disposizione oggi.
A pagina 13 della relazione, i giudici Maria Acierno e Antonietta Scripa scrivono: «È scientificamente provato e riconosciuto che i vaccini costituiscono una delle misure preventive più efficaci con un rapporto rischi/benefici particolarmente elevato ed un valore etico intrinseco assai rilevante in quanto espressione del dovere di solidarietà». E in quella successiva, nel tentativo di giustificare il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione indicano in premessa che «secondo la Costituzione un trattamento sanitario obbligatorio è conforme all’articolo 32 ove sia teso a migliorare o preservare lo stato di salute del soggetto a cui è diretto e non incida negativamente sulla salute del destinatario».
Attenzione all’ultima frase: «Non incida negativamente sulla salute del destinatario».
É questa una delle condizioni, oltre all’efficacia per la collettività, di cui abbiamo detto prima, per poter ottenere il via libera della Costituzione all’imposizione vaccinale.
Pertanto, diventa indispensabile, se l’obiettivo è giustificare l’obbligo che è stato fatto dell’inoculo – diretto per certe categorie, indiretto col Green pass e poi diretto mascherato già gennaio 2022 col Super Green pass – negare o minimizzare il più possibile tutti gli eventi avversi.
Così la relazione inviata ai giudici per condizionarli sulle future cause che si sarebbero trovati a discutere, non si basa né su precedenti giurisprudenziali allora assenti, né su ciò che stava emergendo a livello scientifico, ma riporta: «Nella normalità dei casi chi vi sottopone (al vaccino ndr) sopporta al massimo conseguenze lievi e temporanee trascurabili anche a fronte dei benefici immunitari e dei gravi rischi che altrimenti potrebbero insorgere».
Affermazione di cui conosciamo ora con certezza la falsità e che all’epoca conoscevano gli addetti ai lavori.
La “normalità” è una parola grigia, che ha un valore rispetto ad un punto di origine, dunque è opinabile: se per normalità si intende la maggioranza della popolazione vaccinata, allora, il ragionamento potrebbe anche filare, ma bisognerebbe spiegare poi a quei pochi, ma in numeri assoluti tantissimi danneggiati, che il loro sacrificio è stato necessario per salvaguardare la collettività, cioè gli altri.
Una mentalità eugenetica, infatti, sta alla base di una errata e strumentale interpretazione del concetto di salute collettiva e dell’errata considerazione del rapporto rischi/benefici che non può mai essere collettivo, ma personale dato che si deve misurare sul rischio di ognuno di contrarre il virus e finire all’ospedale fino al decesso rispetto ai benefici che avrebbe se si vaccinasse.
Se invece per normalità si intende lo standard dei vaccini in commercio fino ad ora, allora l’emergere di reazioni avverse in così gran quantità già all’epoca, avrebbe dovuto accendere un campanello d’allarme a dei giudici che pure dicevano di basarsi su un consensus generale della comunità scientifica.
I dati AIFA sono ed erano comunque insufficienti: così si arriva a pagina 18 «In merito alla sicurezza, il monitoraggio effettuato dall’Aifa attraverso il sistema di farmacovigilanza che raccoglie e valuta tutte le segnalazioni di eventi avversi evidenzia un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile in quanto i danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per Sars Cov 2 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi rari e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica con una incidenza delle reazioni negative di breve periodo molto bassa e appena di poco superiore a quelle conosciute da anni per i vaccini ordinari».
Quest’ultima frase poteva essere una spia per approfondire il problema: se le reazioni avverse c’erano già, seppure di poco superiori a quelle conosciute per gli altri vaccini (ad esempio quelli antinfluenzali), perché allora non approfondire la questione e andare a cercare quelle fonti scientifiche che già a ottobre 2021 stavano monitorando un aumento impressionante, e non di poco conto, di reazioni contrarie?
Invece il Massimario non guarda a questa problematica e conclude che «il rapporto rischi/benefici sembrerebbe pendere a favore dei secondi e che pertanto un eventuale obbligo di vaccinazione anti covid previsto mediante legge statale potrebbe superare con un elevato grado di probabilità il vaglio di costituzionalità». A questo punto, e con il parere pesante della Corte Suprema, quale giudice si sarebbe avventurato nella pericolosa risalita di un fiume tempestoso come quello dei danneggiati da vaccino. Eppure, si tratta di una realtà sotto gli occhi di tutti, che si è costituita in un apposito Comitato e che si batte per farsi ascoltare.
Tanto più che già all’epoca stavano emergendo le testimonianze dei primi danneggiati usciti allo scoperto, in una sequenza impressionante di sintomi e condizioni da far interrogare chiunque.
Ma anche volendo ignorare le testimonianze dirette dei danneggiati, si poteva almeno dare un occhio a quello che le agenzie di farmacovigilanza stavano facendo emergere.
Dati preoccupanti e non proprio “di poco superiori” agli altri vaccini.
Quindi, all’epoca, i decessi correlati erano già emersi e basti dire, per fare un raffronto, che per vaccini diversi, anche un pugno di reazioni fatali avevano comportato un ritiro dal mercato del prodotto; e le patologie, dalle trombosi alle miocarditi fino alle neuropatie erano già emerse, seppure minimizzate.
Ma volendo affidarsi anche alla farmacovigilanza di altri Paesi, per nulla presa in considerazione dai giudici che hanno affrontato la questione della sicurezza solo da una prospettiva italocentrica, i due enti di ricognizione e raccolta di effetti avversi Eudravigilance per l’Europa e Vaers per gli Stati Uniti erano già ampiamenti attivi sul fronte dei danneggiati.
Con dati come questi, poi amplificati a dismisura successivamente, come si poteva affermare con certezza dogmatica che la sicurezza non costituiva un problema?
Quanti giudici hanno applicato rigorosamente i dictat questo report della Corte di Cassazione per respingere alla velocità della luce le cause dei tanti danneggiati che chiedevano giustizia dopo essere stati obbligati a vaccinarsi?
Ma il Vademecum del Massimario licenziato dai giudici della Cassazione il 28 ottobre 2021 per orientare e guidare i magistrati nelle future cause covid, ha affrontato anche il tema dello scudo penale da una prospettiva totalmente positiva.
Il via libera alla protezione penale per i medici somministratori di vaccino avviene con un ragionamento che recepisce in toto l’articolo 3 della Legge 44/21 che istituisce il salvacondotto giudiziario, ma senza fornire alcuna giustificazione di legge.
Il linguaggio utilizzato in questo caso dai giudici del Massimario è volutamente paternalistico e per nulla giuridico, perché evidentemente anche lo scudo penale offerto ai sanitari era indispensabile per “rassicurare i medici” che avrebbero dovuto portare a termine una campagna vaccinale che altrimenti si sarebbe potuta inceppare se i medici avessero fatto valere la loro libertà prescrittiva e di cura in scienza e coscienza.
Scrivono infatti i giudici Maria Acierno e Antonietta Scrima: «L’esonero da responsabilità penale concesso agli operatori somministranti dall’articolo 3 del dl 44 del 2021 sarebbe sintomatico di una scarsa sicurezza dei vaccini».
Come risolvono la questione le due autorevoli togate? «Secondo la relazione illustrativa la diposizione in questione «è espressione dei principi generali dell’imputazione soggettiva e mira a rassicurare il personale sanitario e in genere i soggetti coinvolti nelle attività di vaccinazione».
Dunque, viene messo nero su bianco che lo scudo penale, cioè la protezione del sanitario da eventuali azioni giudiziarie a seguito di somministrazione di vaccino con effetti avversi gravi, negati in partenza dalla liberatoria del consenso informato, non è altro che un modo per tranquillizzare i medici.
Con quale finalità? Eccola: «La finalità dell’esonero – proseguono i giudici del Massimario – è dunque quella di evitare che «la prospettiva di incorrere in possibili responsabilità penali possa ingenerare allarme tra quanti sono chiamati a fornire il proprio contributo al buon esito della campagna di vaccinazione nazionale».
Il linguaggio volutamente condito da afflati patriottici non nasconde la precisa volontà di non spargere allarme tra i medici, molti dei quali erano restii a somministrare sotto la propria responsabilità e in assenza di una prescrizione medica a seguito di anamnesi, un preparato ancora sperimentale e del quale non si conoscevano con certezza granitica né efficacia né sicurezza.
Nessun problema: lo Stato li ha esonerati e la Corte di Cassazione, con questa relazione, li ha sostanzialmente assolti in via preventiva, dando il via libera ai giudici di cestinare tutte quelle cause future arrivate in aula dove danneggiati o famigliari di vittime post vaccinazione chiedevano al medico vaccinatore di rispondere personalmente dei propri atti.
«L’introduzione del cosiddetto scudo penale – insistono del due penne del Vademecum- ha avuto la chiara funzione simbolica di alleggerire la pressione sul personale sanitario già stressato dalla portata eccezionale ed epocale della pandemia da Coronavirus che per le sue peculiarità ha determinato un elevatissimo numero di decessi di ridurre il rischio di esposizione ad un contenzioso giudiziario generato dalla campagna vaccinale e quindi di scongiurare atteggiamenti di astensione che avrebbero potuto avere delle ricadute negative sull’efficienza e sulla rapidità della somministrazione».
In altre parole: i medici – quelli ospedalieri – sono stati gli eroi della pandemia, celebrati con enfasi per i turni massacranti nelle terapie intensive, ma lo scudo penale è andato a beneficio di tutti, anche coloro che non hanno mai curato un solo paziente di Covid-19 affidandosi al protocollo Tachipirina & vigile attesa, ma che, a fronte di una maggiorazione economica sullo stipendio mensile, si sono messi volentieri all’opera per il bene della campagna vaccinale che si sarebbe interrotta se qualcuno di loro avesse fatto delle storie per questioni di natura processuale.
Una giustificazione che mostra un cinismo preoccupante da parte di giudici che dovrebbero avere a cuore il principio cardine della Giustizia, quell’“uniquique suum” che deve dare appunto “a ciascuno il suo”.
Quanti pazienti infatti sono stati sottoposti a vaccinazione pur essendo in condizioni di salute critiche e avrebbero invece avuto necessità di una esenzione per ragioni mediche, a seguito di precise anamnesi sui rischi potenziali e una volta conosciuti i fattori scatenanti di rischio?
Quanti dopo la prima reazione avversa hanno chiesto l’esenzione che non gli è stata data ciecamente nonostante una documentazione di causa effetto molto più che sospetta e oggi sono invalidi?
Ma questi elementi non sono stati affrontati nella relazione per il semplice motivo che ai medici non è stato mai chiesto di svolgere indagini anamnestiche sui pazienti, che avrebbero rallentato e infine danneggiato la campagna vaccinale; Infatti, conclude: «L’esenzione da responsabilità penali personali degli operatori è dunque giustificata dal rispetto di regole cautelari specifiche che derivano dal sistema pubblico di vigilanza in merito alla sicurezza del vaccino e non è al contrario la prova dell’assenza o dell’inadeguatezza di tali controlli».
Della serie: cari medici, siete protetti perché la farmacovigilanza dice che i vaccini sono sicurissimi, ma visto come è andata la farmacovigilanza, con le pesanti omissioni sui dati e sugli effetti avversi gravi da parte di AIFA, lo scudo penale è stato proprio un bel modo di lavarsi la coscienza di fronte a invalidi tuttora permanenti.
E noi che ci siamo sbattuti pensando al diritto, alla giustizia e alla verità.
Una forma di redenzione per magistrati co-responsabili di un ammaloramento del popolo italiano sarebbe quello di aggiornare la relazione con tutte le evidenze, che nel frattempo sono uscite e permettere così a giudici, procure e avvocati di essere orientati meglio per lo svolgimento delle cause.
Ma questo sarebbe per la magistratura una novità a cui non sono abituati, perché l’imperativo è insistere nonostante siano consapevoli del torto, tanto nessuno risponde.