Un turbinio di spunti per una riflessione, un input per un percorso logico-ermeneutico con dati e riferimenti alti e profondi, viene innescato dall’Ordinanza di promovimento del giudizio della Corte Costituzionale, emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale Militare di Napoli, il 3 febbraio appena scorso.
Il Giudice viene chiamato a decidere sulla contestazione ad un militare dell’aeronautica del reato, aggravato, previsto dagli articoli 81 cpv c.p., 47 n. 2 e 173 c.p.m.p., per non essersi presentato presso l’infermeria della struttura di appartenenza, per l’effettuazione della vaccinazione necessaria per il suo impiego in una missione fuori dai confini nazionali, segnatamente in Lituania e, ciò, nonostante le ripetute comunicazioni che lo invitavano e sollecitavano all’adempimento.
Nel corso dell’udienza preliminare il Giudice invitava le parti a confrontarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 206 bis C.O.M., il quale prevede l’obbligatorietà vaccinale per i militari impegnati in particolari operazioni o servizi; la contestata disobbedienza del prevenuto, dunque, dovrebbe preliminarmente compararsi alla serie di perplessità, in termini discrasici, tra il dettame del codice dell’ordinamento militare ed i principi costituzionali fluenti dall’articolo 32, comma secondo, della Carta fondamentale.
Dunque, un bacino dal quale attingere per maturare riflessioni in ordine ad un binomio che, negli ultimi tempi, si fa sempre più evidente agli occhi dell’osservatore del diritto: obbligo del trattamento-consenso dell’individuo; da ciò innegabile si palesa il complesso di implicazioni di diritti e principi costituzionalmente garantiti che paiono oscurati dall’ingombrante cappa fumosa dello stato di emergenza, già dichiarato illegittimo da alcuni tribunali italiani.
Il contesto prettamente militare della questione affrontata dall’ordinanza in esame, invero, assurge a elemento paradigmatico, agevolmente trattabile anche in termini comparativi, con la disciplina corrente in tema di contrasto alla diffusione virale in corso.
Non soltanto l’ordinanza del Tribunale Militare di Napoli, bensì i decreti emessi, quasi in simultanea, da diversi Tribunali Amministrativi Regionali – Lazio e Lombardia – esprimono dubbi di legittimità costituzionale in ordine alle conseguenze che la vigente decretazione pone in sistema per coloro che rifiutino la somministrazione del siero definito “vaccino”; effetti che, a loro volta, comportano una lampante compressione di diritti naturali ed inviolabili.
Correttamente il Giudice militare, affronta il tema richiamandosi a diverse decisioni della Corte Costituzionale in tema di obbligatorietà del trattamento sanitario, sottolineando come il principio di base non consente mai il superamento di limiti invalicabili che la legge impone al legislatore nello statuire quando un trattamento sanitario debba rendersi obbligatorio, limiti individuati, come si accennava, proprio nei diritti fondamentali della persona, non sacrificabili, nemmeno a mente del comma secondo dell’articolo 32 della Carta Costituzionale.
Il citato articolo 206 bis del Codice dell’Ordinamento Militare, sostanzialmente consente che le autorità sanitarie militari impongano vaccinazioni ai militari che debbano essere assegnati, in caso di particolari esigenze sanitarie, a specifiche missioni, quand’anche tali prodotti farmaceutici dovessero essere ancora in fase sperimentale o non in commercio, nemmeno condizionato, a pena di sanzioni disciplinari e penali. Il salto comparativo, tra questa disciplina e quanto contenuto nel D.L. n. 44/21, così come integrato dal D.L. n. 172/21, come pure quanto contenuto nel D.L. n. 1/22, è fin troppo agevole.
In entrambi i casi spicca il secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione, con la designazione dei limiti invalicabili da una disciplina pure dettata da esigenze sanitarie importanti, concetto questo che il Tribunale Militare di Napoli esprime chiaramente: «questo giudice nutre dubbi sulla costituzionalità dell’articolo 206 bis COM per contrasto con l’articolo 32, comma secondo, della Costituzione, che pone una riserva di legge statale rinforzata, con il limite del “rispetto della persona umana”», ciò a rimarcare che solo il Parlamento può stabilire l’obbligatorietà di un provvedimento e non un’amministrazione sanitaria, stando comunque fermi i limiti sanciti dalla norma fondamentale.
Il Giudice militare specifica, nel suo argomentare il provvedimento assunto, che nessun dubbio sulla legittimità costituzionale dell’articolo 206 bis C.O.M, in rapporto con l’articolo 32, comma secondo, Cost., viene fugato dall’attuale vigenza della obbligatorietà vaccinale per gli appartenenti al comparto della difesa, con l’introduzione da parte del decreto-legge 26 novembre 2021 n. 172, con il suo articolo 2, dell’articolo 4 ter del D.L. n. 44/21, denunziando, al di là della natura differente delle norme in comparazione – non emergenziale ed illimitata quella di quell’articolo 206 bis COM e pro tempore quella dettata per il contrasto alla diffusione del SARS CoV.2 – difficoltà ermeneutiche nella inevitabile sovrapposizione delle due discipline da parte dell’interprete chiamato a decidere, di volta in volta, nelle differenti ipotesi prospettategli: «operazione ermeneutica non certo facilitata dalla tecnica legislativa dei plurimi rinvii normativi utilizzata nel decreto-legge 26 novembre 2021 numero 172. In effetti, l’articolo 206 bis COM riguarda qualsiasi profilassi vaccinale che la sanità militare ritenga indispensabile ma si applica solo per determinate condizioni operative o di servizio. Il citato articolo attiene invece solamente ad una specifica profilassi vaccinale – quella per covid 19 – ma vale in ogni condizione di servizio. Complessa è quindi la ricomposizione del rapporto tra le due norme quando le stesse si sovrappongono parzialmente, con riferimento alla profilassi vaccinale per covid-19. Ed in effetti, l’articolo 2 del decreto-legge 172/21, nell’introdurre l’articolo 4 ter del decreto-legge 44/21 pone un obbligo in capo al militare di sottoporsi alla vaccinazione per covid-19, prevedendo in caso di inadempimento la “sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa” e dalla retribuzione, “senza conseguenze disciplinari”. Nel caso invece del medesimo obbligo vaccinale per covid-19, che la sanità militare potrebbe imporre ex articolo 206 bis COM per l’impiego in determinati contesti operativi, dal mancato adempimento conseguirebbero sanzioni disciplinari e penali a carico del militare.».
Di talché, il confusionario quadro creato anche dalla recente normativa in materia di contrasto alla diffusione virale, accentua difficoltà non solo ermeneutiche circa l’applicazione al caso concreto delle due discipline in esame, bensì evidenzia ancor di più il contrasto che sussiste, tra la normativa in tema di imposizione trattamentale sanitaria ed il consenso libero della persona, qui viziato dalla coercizione coeva alle operazioni di profilassi statuita come obbligatorie ed il comma secondo dell’articolo 32 della Costituzione.
Il Giudice partenopeo, nel tentativo di ricomporre la dignità costituzionale del dettato di cui all’articolo 206 bis COM, ipotizza una sua legittimità, sostenendo che, in effetti, la norma affida all’amministrazione sanitaria militare l’esclusivo compito di individuare talune profilassi vaccinali come indispensabili per il compimento di alcune missioni o servizi, così che dinanzi alla prospettiva di un militare che non dovesse accettare l’inoculazione del farmaco, questi avrebbe come unica conseguenza, di essere sostituito, per quella operazione specifica, da altro soggetto consenziente.
Immediata è, tuttavia, la riflessione che lo stesso Giudicante contrappone alla ipotizzata legittimità della norma in analisi: quanto prospettato risulta vanificato, in concreto, dal dato letterale della norma stessa, dalle direttive tecniche attuative e dalla prassi amministrativa.
I comprovati motivi di esenzione che la legge accorda al militare per eludere il trattamento vaccinale, sono sottoposti al vaglio della commissione medica della struttura ospedaliera competente per territorio, neutralizzando, così ogni libertà di scelta dell’individuo, confermando palesemente l’obbligatorietà della profilassi, al cui diniego conseguono sanzioni disciplinari e penali, come esplicitato dalla direttiva tecnica del 16 maggio 2018 al punto 5.6 (che demanda il rifiuto di sottoporsi alla vaccinazione, da parte del militare, al potere del comandante di corpo, affinché attui i provvedimenti di sua competenza).
Si tratta dunque di obbligo vaccinale, e non sfugge all’osservatore come tale approccio normativo sia sovrapponibile a quello dell’articolo 4 ter del decreto-legge numero 44/21, così come dall’articolo 2 decreto-legge n. 172/21 e decreto-legge n. 1/22, protagonista di ulteriori obblighi ed inasprimento della disciplina generale sul contrasto alla pandemia.
Sovrapponibili sono dunque le riflessioni che il Tribunale Militare di Napoli svolge nello specifico della norma implicata nel caso al suo vaglio, con i decreti sopra citati, verso il cui contenuto deve sempre contrapporsi il preponderante diritto individuale alla salute, il quale comporta la libera scelta di non sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario.
Il paradosso lessicale, normativo e logico, viene evidenziato da tempo, ma ancora permane e non osta alla perpetrazione di evidenti violazioni della dignità umana: quello imposto a talune categorie di persone, generalizzato anche da limitazioni nella vita sociale di tutti i cittadini, pur nella sua assordante antinomia cui i soggetti destinatari della pratica vaccinale sono obbligati a doversi sottoporre, ma il medico somministratore non attua la procedura se non dietro la sottoscrizione di un consenso da parte del paziente; ora, l’illogicità di un obbligo che preveda il consenso è evidente, ma ancor più abnorme, sotto il profilo giuridico, appare la trasmutazione di tale obbligo in esplicita richiesta del soggetto da sottoporre all’inoculazione mediante la sottoscrizione dell’istanza di essere vaccinati per sollevare da qualsiasi conseguenza il medico vaccinatore, dichiarando il proprio consenso a quanto verrà operato sulla propria persona.
Nella sintesi, i dubbi sollevati dal Tribunale Militare partenopeo, attengono a tale riflessione, svolta nel dato indiscutibile di una obbligatorietà che confligge con i principi costituzionalmente tutelati e rinvenibili anche nella dimensione giuridica sovranazionale.
Appare evidente il contrasto della disciplina in esame – di entrambe le discipline – con gli articoli 3, 8, 15, 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i quali disciplinano la libertà di scelta del cittadino in materia di trattamento sanitario, la protezione dei propri dati, l’uguaglianza di fronte alla legge, il divieto di discriminazione, nonché la tutela della dignità professionale, del diritto al lavoro ed all’impresa; principi, questi, azzerati dalle norme decretate dal decisore, non solo dal citato articolo 4 ter del decreto legge numero 44/21 ma anche dal suo articolo 9 septies cit.
Il provvedimento in commento rivolge pieno riferimento alla sentenza costituzionale n. 5/2018, riportandone testuali frammenti: «l’articolo 32 della Costituzione postula infatti il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche il suo contenuto di libertà di cura) con il cosciente e reciproco diritto degli altri e con interesse della collettività (da ultimo sentenza numero 268 del 2017», così che «la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’articolo 32 Costituzione: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze numero 258 del 1994 numero 307 del 1990)».
Ora, i farmaci impropriamente definiti come vaccini, oggetto dell’obbligatorietà in corso per talune categorie di persone o per lo svolgimento di specifiche attività ordinarie e di vita sociale, sono ancora in fase di sperimentazione ed è ormai acclarata la loro inattitudine alla immunizzazione di chi abbia assunto il siero, comportando, peraltro, equivalenza infettiva con i soggetti non vaccinati, essendo la carica virale degli uni e degli altri perfettamente equipollente.
I dati empirici restituiscono un esito fallimentare del prodotto oggetto dell’imposizione di talché, i principi espressi dalla citata sentenza costituzionale n. 5/2018, come pure il dato letterale dell’articolo 32 della Costituzione, patiscono un brusco attacco da parte della normativa varata dal governo italiano, non essendovi alcuna garanzia per la salute del singolo e della collettività, sicché rileva ancor di più l’importanza di un cosciente rifiuto al trattamento, che non può essere disconosciuto né eluso con la mistificazione di un obbligo accompagnato da un consenso, qual è la situazione della obbligatorietà, rivolta all’individuo, a prestare il proprio assenso ad un trattamento sanitario.
Il provvedimento emesso dal Tribunale Militare di Napoli solleva dubbi di legittimità costituzionale dell’articolo 206 bis del C.O.M. con riferimento alla riserva di legge rinforzata di cui al comma secondo dell’articolo 32 della Costituzione laddove attribuisce ad un organo amministrativo (a sanità militare) di stabilire quali trattamenti debbano considerarsi obbligatori, potere che, viceversa, come si è visto, spetta unicamente allo Stato ed, in particolare, al legislatore nazionale
Nell’argomentare il Giudice partenopeo non manca di sottolineare il rispetto del limite della persona umana, evidenziandosi qui, dunque, il vero confine entro il quale discernere ogni apparente legittimità di provvedimenti che, in termini mistificatori, appaiono tutelare la persona negandone al contempo le libertà… la dignità.