Commento il “parere” emesso dalla Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Funzione Pubblica con cui la Presidenza del Consiglio, nella sua veste di fonte del diritto, ha “emanato” la disciplina applicabile in caso di assenza dal lavoro dei dipendenti pubblici per sottoporsi alla profilassi vaccinale anti Covid-19.
Ma non solo, la Presidenza del Consiglio si è espressa anche in riferimento al regime giuridico e retributivo di coloro che, essendosi sottoposti alla vaccinazione (oramai obbligatoria per tutti i lavoratori, a prescindere dall’età), hanno riportato eventi avversi che non gli hanno permesso di svolgere temporaneamente l’attività lavorativa.
L’oracolo del nuovo diritto, dopo aver dato conto che “non è previsto nell’ordinamento un impianto normativo di portata generale cui ricondurre il riconoscimento di permessi specifici per la somministrazione dei vaccini”, provvede a colmare le lacune con la produzione della norma mancante.
Così si è richiamata la specifica norma di cui al comma 5 dell’art. 31 D.L. 41 del 22 marzo 2021 dedicata al “personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche ed educative statali e comunali, paritarie e del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, nonché degli enti universitari e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica..” che prevede che, in caso di somministrazione del vaccino contro il COVID-19, l’assenza dal lavoro del “…personale sia giustificata e non determini alcuna decurtazione del trattamento economico”.
Il parere espresso dalla Presidenza del Consiglio estende tale disciplina anche ai dipendenti pubblici appartenenti ad altri diversi comparti che aderiscano al programma di vaccinazione e si assentino dal lavoro per la suddetta somministrazione, potendo in tale fruire di permessi personali o di altri istituti previsti dai CCNL di riferimento.
Allo stesso modo, “i lavoratori che aderiscano alla campagna vaccinale promossa dalla propria amministrazione, in ottemperanza al Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro, del 6 aprile 2021, vengono sottoposti su base volontaria alla somministrazione del vaccino durante l’attività lavorativa. In questo caso, l’articolo 15 del citato protocollo prevede che, se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario alla medesima è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro”
Diversamente– ed è qui la vera portata normativa in pejus della nuova “norma” introdotta sotto forma di parere – “le eventuali assenze dovute ai postumi del vaccino, secondo quanto precisato dal Dipartimento della funzione pubblica in risposta ad una segnalazione sulla mancata erogazione della retribuzione accessoria agli insegnanti colpiti da postumi della vaccinazione, saranno considerate giornate di malattia ordinaria, e, quindi, sottoposte alla decurtazione di cui all’articolo 71 comma 1 D.L. 112 del 25 giugno 2008”.
Attenti perciò, è obbligatorio vaccinarsi e se non si adempie si applica la sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, ma se poi ci si puntura si rischia di subire pure le conseguenze avverse sulla salute conseguenti a tale adempimento di cui si dovranno anche sopportare i costi con la parziale decurtazione dello stipendio.
Assurdo !! come assurdo che non ci si renda conto dell’esistenza di un obbligo generalizzato di vaccinazione per l’intera popolazione, anche minorenne, posto che la mancata sottoposizione all’inoculazione è punita con il divieto di esercitare attività fondamentali di varia natura (non solo lavoro, ma anche sport, viaggi, cultura, commercio, socialità, iniziativa economica, circolazione, culto, etc. etc.).