Con l’ordinanza depositata il 27 dicembre 2021, il Gip del Tribunale di Reggio Emilia ha respinto la richiesta di archiviazione del PM della denuncia presentata da un cittadino per i reati di cui agli artt. 605 (sequestro di persona), 287 (usurpazione del potere politico), 323 (abuso d’ufficio) c.p. contro l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accusato di una illegittima coercizione della libertà personale dei cittadini attraverso il reiterato strumento dei DPCM durante il periodo del lockdown.
L’ordinanza del GIP di Reggio Emilia ribadisce i limiti a cui, in una società democratica, devono essere sottoposti i poteri pubblici e manda l’ex Premier Conte davanti al Tribunale dei Ministri
Con ordinanza depositata il 27 dicembre il Gip del Tribunale di Reggio Emilia ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna in relazione al procedimento penale che vede indagato l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per l’illegittima coercizione della libertà personale dei cittadini concretizzata attraverso il reiterato strumento dei DPCM durante il periodo del lockdown.
Il procedimento penale, che trae origine da una denuncia- querela presentata da un cittadino, veniva iscritto per i reati di cui agli articoli 605, 287, 323 del codice penale.
Il Pubblico Ministero procedente , al momento dell’iscrizione della notizia criminis aveva ipotizzato la rilevanza penale della condotta dell’ex Premier Conte, salvo poi richiedere l’archiviazione sulla base di un ragionamento privo di qualsivoglia fondamento giuridico che è stato respinto dal Giudice procedente.
In buona sostanza, la tesi sostenuta dall’Ufficio di Procura a sostegno della richiesta di archiviazione tenderebbe a riconoscere al mero atto amministrativo – quale è il DPCM- la legittimazione a limitare e comprimere diritti costituzionali inviolabili quali la libertà personale e di circolazione: il tutto- secondo il PM- giustificato dall’esigenza di garantire la tutela della salute pubblica.
Insomma, secondo il PM, il diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione ( che non può spingersi oltre la stessa dignità della persona umana ) sarebbe l’unico diritto costituzionale meritevole di tutela prevalendo sempre e comunque su altri diritti fondamentali: ciò renderebbe accettabile addirittura un rovesciamento della gerarchia delle fonti del diritto per cui l’atto amministrativo ( che è fonte secondaria) prevarrebbe sulla legge e sulla stessa Carta fondamentale. Sono evidentemente sfuggiti al Magistrato inquirente i principi di riserva assoluta di legge e di giurisdizione cui è soggetta la libertà personale del cittadino alla luce dell’art. 13 della Carta fondamentale.
In tale prospettiva, si collocano le motivazioni dell’ordinanza in esame, allorquando il GIP nel respingere la richiesta di archiviazione sebbene limitatamente alla fattispecie del sequestro di persona, ha correttamente applicato i principi basilari del diritto.
Significativo in tal senso l’iter motivazionale del Giudice : “in effetti la valutazione della legittimità e liceità, pur nella situazione emergenziale, di qualsivoglia provvedimento amministrativo solo che sia finalizzato alla tutela della salute pubblica non è questione risolvibile in termini di evidente assoluta irrilevanza penale del fatto, poiché
è in generale ipotizzabile un sequestro di persona con abuso dei poteri inerenti la funzione di pubblico ufficiale eventualmente rivestita in tutti quei casi nei quali difetti in capo al funzionario o all’organo pubblicistico rivestito dalla persona un potere di coercizione riconosciuto e disciplinato dalla legge (così differenziandosi la fattispecie da quella di arresto illegale: cfr. ad es. Cass., Sez. 5 – , Sentenza n. 17955 del 26/02/2020);
la inviolabilità della libertà personale tutelata dall’art. 13 Cost., richiede una valutazione attenta delle modalità (riserva di legge e giurisdizione) con le quali in ipotesi eccezionali (determinati casi e modi) essa sia limitabile; e ciò a differenza di altre disposizioni e misure assunte per il contrasto alla pandemia per le quali è impossibile anche solo ipotizzare una violazione di diritti costituzionalmente garantiti: esse sono inquadrabili nell’ambito della imposizione di obblighi, ossia di prestazioni personali o patrimoniali (art. 23 Cost.: ad esempio l’obbligo di indossare in via generalizzata o in talune situazioni dispositivi di protezione individuale), limitazioni alle attività economiche private (si veda l’art. 41 Cost.), ovvero lo stesso obbligo vaccinale (che può essere previsto per disposizione di legge siccome prevede l’art. 32 comma 2 Cost.), o ancora le limitazioni alla libertà di circolazione, posto che l’art. 16 Cost. stabilisce che la libertà di circolazione possa essere limitata (anche se per ragioni di “sanità”) esclusivamente mediante una legge (o un atto avente forza di legge); le disposizioni aventi forza di legge adottate a partire dai D.L. n. 6/2020 e D.L. n. 19/2020 offrivano certo una base legale adeguata a tutte siffatte limitazioni di libertà costituzionalmente garantite subvalenti di fronte al bene della salute pubblica e individuale;
per contro, il disposto costituzionale di cui all’art. 13 Cost. impone ben diverse riflessioni; infatti, la distinzione tra limitazioni (specie se generalizzate) che incidano sulla libertà di circolazione e limitazioni che incidano sulla libertà personale non può essere intesa solo in termini formali e/o quantitativi; come la Corte Costituzionale ha insegnato, con giurisprudenza consolidata, la limitazione a uscire di casa se non a determinate condizioni si risolve non già in una limitazione alla libertà di circolazione, ma in una decisiva limitazione della libertà personale soggetta alle garanzie di cui all’art. 13 Cost. (v. Corte Cost sentenze n. 11/1956, 68/1964, 45/1960, 384/1987). Meno convincenti risultano invece le argomentazioni del GIP in ordine agli altri reati ipotizzati di cui agli artt 287 e 323 c.p.
Ed in effetti, il Giudice si è limitato ad una generica contestazione di infondatezza delle due fattispecie nonostante, ad avviso di chi scrive, il reato di usurpazione del potere politico così come l’abuso d’ufficio risulterebbero integrati, eccome.
L’esercizio del potere politico usurpato dal Governogli ha consentito di esercitare la funzione legislativa e produrre un profluvio di provvedimenti ove il “più alto in grado” era (ed è) il decreto legge, al di sotto del quale si è collocata la variopinta produzione di natura amministrativa (d.p.c.m., d.c.m.; d.m.; regolamenti; circolari; chiarimenti; protocolli; linee guide e addirittura faq) che hanno, di fatto, sovvertito l’ordinamento democratico, l’ordine costituzionale, la gerarchia delle fonti ed il rispetto dei diritti della persona umana.
Dunque, l’ex premier così come il Presidente del Consiglio in carica e i Ministri coinvolti si sono resi responsabili di gravi delitti contro la personalità dello Stato commessi attraverso l’utilizzo indebito – “sotto la propria responsabilità” ai sensi dell’art. 77 Cost. – del potere politico spettante al Parlamento e con l’approvazione, da ultimo, del Decreto Legge n. 105 del 23 luglio 2021 (GU Serie Generali n. 175 del 23.07.2021) con cui è stato illegalmente prorogato lo stato di emergenza di rilievo nazionale adottato dal Consiglio dei Ministri con decreto del 31 gennaio 2020 ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 del D.lgs. n.1 del 2 gennaio 2018.
Tra i reati astrattamente configurabili rientrerebbe quello enunciato dall’art. 270 bis c.p, che “punisce “chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia (o partecipa) le associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di … eversione dell’ordine democratico”.
E non solo. Ben potrebbe ricorrere la fattispecie ex art. 304 c.p. Che punisce la “cospirazione politica mediante accordo” : “L’accordo dei membri del Governo costituisce un pactum sceleris e cioè un concerto, un reciproco consenso liberamente manifestato di cui si è fatta apologia con l’obiettivo di sovvertire l’ordine pubblico costituzionale, costituito da quell’insieme dei principi fondamentali che riassumono l’ordine legale di una convivenza sociale ispirata ai valori costituzionali”.
Ed ancora. Nell’individuare la rilevanza penale delle condotte già poste in essere dai rappresentanti del Governo e tutt’ora in atto si potrebbe spaziare dall’”attentato contro la Costituzione dello Stato” (ex art. 283 c.p.) all’”attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali” (ex art. 289 c.p.), all’”attentato per finalità terroristiche o di eversione” (ex art. 280 c.p.), fino alla concussione (ex art. 317 c.p.).
Tali condotte – invero- sono state oggetto di un’articolata denuncia già depositata presso la Procura di Roma dall’Avv. Angelo di Lorenzo – Presidente dell’Associazione Avvocati Liberi- che a questo punto, data l’ordinanza in commento, ci si auspica possa approdare al Tribunale dei Ministri trattandosi di reati commessi nell’esercizio delle funzioni.
Il dolo è bello perchè è vario. .