Il Decreto Legge n. 172/2021 ha disciplinato i nuovi obblighi vaccinali, ridisegnando parzialmente quanto stabilito dal D.L. 44/2021, convertito nella Legge n. 76/2021 per l’obbligo ai sanitari, e prevedendo nuove categorie di lavoratori destinati all’obbligo, ossia comparto scuola e comparto sicurezza-difesa.
A seguito della sua entrata in vigore i Ministeri, il cui personale è stato interessato dall’obbligo hanno emanato circolari applicative, tra cui quella del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’ Amministrazione Penitenziaria, che fornisce “disposizioni operative in relazioni a particolari posizioni di assenza del personale soggetto all’obbligo vaccinale” (pubblicata in calce)
Si legge nella circolare in commento che il personale collocato in congedo per l’assistenza al familiare diversamente abile in condizione di gravità sarebbe soggetto alla procedura di invito in relazione all’adempimento dell’obbligo, ad esclusione di coloro che hanno richiesto il beneficio prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 172/2021 (in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 26 novembre 2021); si legge, allo stesso modo, che anche chi chiede collocamento in aspettativa per infermità dopo l’entrata in vigore del sopra citato Decreto Legge sarà destinatario della procedura d’invito.
Tali disposizioni, che introducono vere e proprie ipotesi normative, sono senza dubbio illegittime.
Le circolari sono meri atti amministrativi di indirizzo, ed hanno una validità limitata all’organizzazione interna di un ente; non sono atti normativi e non possono, conseguentemente, introdurre disposizioni in deroga o modificative di atti normativi.
Le varie situazioni di assenza legittima dal lavoro sono consentite in svariate condizioni personali (la malattia, i congedi parentali, l’aspettativa per motivi di salute o di famiglia, permessi o congedi per studio e formazione, le ferie) da leggi ordinarie (ad esempio il D. Lgs 151/2001 T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, o la Legge quadro sulla disabilità n. 104/1992) e dai contratti collettivi nazionali.
Il comune denominatore di tutti questi istituti è l’effetto modificativo del normale andamento del rapporto di lavoro, caratterizzato dalla sospensione della prestazione da parte del prestatore di lavoro e al contempo dalla tutela di alcuni interessi, scelte, o condizioni personali del lavoratore, attuata preservando a posizione retributiva e previdenziale.
Si verifica, nella pratica, in queste situazioni, l’impossibilità della prestazione, ossia l’impossibilità di svolgere l’attività lavorativa e contemporaneamente si appresta tutela ai diritti del lavoratore.
Ritiene la dottrina giuslavorista accreditata (vedi R. Del Punta “La sospensione della prestazione di Lavoro”) che tutte le situazioni di assenza legittima del lavoratore siano caratterizzate dalla sospensione dell’attività lavorativa.
Non pare pertanto possibile che durante questi periodi possa essere attivato il procedimento che conduce alla sospensione, né può esservi spazio per una interpretazione estensiva di norme già estremamente restrittive dei diritti contrattuali dei lavoratori.
E ciò anche in considerazione della natura emergenziale della decretazione d’urgenza con cui ci confrontiamo e, nello specifico, delle finalità del D.L. 172/2021.
Il preambolo del decreto legge in questione fa riferimento a tutti i precedenti decreti legge adottati per “fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid19” e “per l’esercizio in sicurezza di attività economiche e sociali”.
Secondo il decreto in commento l’attuale contesto di rischio impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività.
Oltretutto, secondo quanto previsto dall’art. 2 del D.L. 172/21, che ha inserito al D.L. 44/2021 l’art. 4 ter, la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, e tale inciso va interpretato necessariamente nel senso che la vaccinazione deve sussistere durante lo svolgimento dell’attività, e non anche, dunque, in quei periodi in cui l’attività lavorativa è sospesa per i motivi riconosciuti e ritenuti legittimi dall’ordinamento.
Del resto, trattandosi di provvedimenti emanati sulla base di uno stato d’emergenza, e giustificati con il fine di preservare la salute pubblica, la ratio legis deve essere necessariamente quella di preservare la collettività dalla diffusione del contagio del virus sarsCov2 e dal preservare l’efficienza e la sicurezza delle attività economiche e sociali destinatari dell’obbligo.
Diversamente, ove le sospensioni dovessero essere irrogate anche durante il periodo di assenza del lavoro, si dovrebbe ritenere che si sia di fronte ad un’azione punitiva del mero dissenso od impossibilità/inopportunità temporanea di vaccinazione.
Non vi è motivo, dunque, né base normativa, per ritenere che durante il periodo di sospensione dell’attività lavorativa per motivi propri si debba essere sottoposti all’obbligo vaccinale; né in tal senso può disporre una circolare che, come detto, è atto amministrativo interno, di mero indirizzo/organizzazione, e che giammai potrebbe derogare a quanto previsto dai contratti collettivi di settore e da leggi ordinarie.
Diversamente crollerebbero le basi dello stato di diritto, e verrebbero irrimediabilmente compromesse le conquiste normative di decenni in materia di diritto del lavoro
Le situazioni personali che conducono a temporanee assenza del lavoratore esigono tutela, retributiva e previdenziale, indipendentemente dal momento in cui si verificano, e dunque in assenza di una previsione esplicita nell’atto normativo di riferimento, la previsione di una data (quella di entrata in vigore del D.L. 172/2021), di esclusione dal beneficio previsto nel caso di specie è abnorme, tanto più in considerazione del fatto che a prevederlo sia una circolare ministeriale e non una norma di legge.
Un ultima considerazione va fatta a seguito dell’emanazione del D.P.C.M. del 17 dicembre 2021, del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro dell’economia e delle finanze, con il quale sono state apportate modifiche al D.P.C.M. del 17 giugno 2021 e definite modalità di verifica dell’adempimento dell’obbligo vaccinale per le categorie interessate.
L’art. 17 ter del citato DPCM ha previsto modalità di verifica del rispetto dell’obbligo vaccinale del personale scolastico, ed ha specificato nell’allegato G) le modalità di autorizzazione alle verifiche; secondo quanto disposto nell’allegato G), par. 2.2., “il dirigente dovrà selezionare i nominativi, tra quelli del personale in servizio presso l’istituzione scolastica, su cui vuole attivare il processo di verifica del possesso del green pass in corso di validità. In particolare, tale processo deve essere effettuato quotidianamente prima dell’accesso del personale nella sede ove presta servizio e deve riguardare il solo personale per cui è prevista l’effettiva presenza in servizio nel giorno della verifica, escludendo comunque il personale assente per specifiche causali”.
Tale disposizione, in linea con la ratio legis del D.L. 172/2021, esclude che il personale assente per specifiche cause possa essere destinatario dell’obbligo vaccinale e della procedura diretta alla verifica del suo adempimento.
Analoga previsione non è stata fatta, invece, per le altre categorie di dipendenti pubblici interessati dall’obbligo vaccinale, per cui l’art. 17 bis del DPCM del 17.6.2021, come modificato dal DPCM del 17.12.2021, prevede modalità automatizzate di verifica dell’obbligo vaccinale, indicate nell’allegato I, di concerto con l’INPS, che non consentono di apprestare tutela a chi si trovi, al momento della verifica, in un momento di sospensione dell’0attività lavorativa per motivi suoi propri.
Si tratta di una evidente, ed ingiustificabile, disparità di trattamento rispetto alle tutele accordate a tutte le categorie dalle leggi ordinarie e dai CCNL, ed in relazione a cui deve ritenersi applicabile, per analogia e necessariamente, il trattamento più favorevole al lavoratore.
In conclusione le disposizioni contenute nella circolare in commento sono contra legem, e l’invio dell’invito ex. art. 2, comma 3, D.L. 172/2021, così come l’eventuale successivo procedimento di sospensione, nei periodi di assenza legittima dal lavoro, sono da considerarsi illegittimi ed immediatamente impugnabile nella sede giudiziaria competente.