→ A tutti gli AVVOCATI
→ a tutti i CITTADINI italiani
→ MINISTRO DELLA SALUTE
→ MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
→ PRESIDENTE della CASSA FORENSE
→ CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
→ ASSOCIAZIONE NAZIONALE FORENSE
→ AIGA ASS. IT.GIOVANI AVVOCATI
→ ORGANI DI INFORMAZIONE
Cassa Forense ha chiesto ai Ministeri della Salute e della Giustizia di includere gli avvocati nell’elenco dei lavoratori vulnerabili ai quali somministrare prioritariamente il vaccino anti Covid-19.
Sono oltre 11 mila, infatti, le istanze assistenziali pervenute alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense da parte di avvocati che hanno contratto direttamente la malattia o che sono stati costretti all’isolamento per contatti a rischio.
“Chiedo al Governo – scrive il Presidente Nunzio Luciano – di proteggere i colleghi che ogni giorno si espongono al rischio di contagio per onorare il dovere professionale e assicurare il funzionamento della giustizia. Gli Avvocati, unitamente agli operatori del settore giustizia magistrati, personale amministrativo, forze dell’ordine assicurano un servizio essenziale tutelando il diritto costituzionalmente garantito dei cittadini alla difesa”.
Dopo la sospensione disposta durante la fase emergenziale, prosegue il comunicato della Cassa, le attività del settore sono riprese con l’adozione di procedure precauzionali e con la riduzione degli accessi presso gli uffici giudiziari e le aule di udienza. I Palazzi di giustizia, continua, sono frequentati quotidianamente da centinaia di persone e spesso in questi mesi si sono rivelati focolai di trasmissione del virus.
“Ogni caso di accertata trasmissione del virus negli spazi aperti al pubblico, quali gli uffici giudiziari e le Aule di giustizia – precisa il presidente Luciano -, comporta la necessità di procedere alla sanificazione dei luoghi, di sospendere le attività lavorative e l’obbligo delle quarantene fiduciarie per i contatti a rischio. Ciò, con inevitabile allungamento dei tempi dei processi giudiziari e aggravio economico di costi per lo Stato.”
LETTERA APERTA
Oggetto: controdeduzioni sulla richiesta da parte del Presidente della Cassa Forense per la prioritaria somministrazione agli avvocati della terapia antiCovid19. Noi Avvocati Liberi non rimaniamo in silenzio davanti alla richiesta del Presidente della Cassa Forense di somministrazione prioritaria agli avvocati della terapia genica antiCovid19.
Con stupore, abbiamo appreso dalla stampa che Cassa Forense ha inoltrato formale richiesta ai Ministeri di Salute e Giustizia per inoculare la terapia genica, in via prioritaria, a tutti gli avvocati d’Italia. Ciò è inammissibile!
Nell’esercizio di quale potere di rappresentanza Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense hanno richiesto per tutti gli avvocati italiani un trattamento sanitario genico che investe, invece, la libera determinazione personale di ciascun singolo professionista?
Vorremmo conoscere la norma da cui discende la legittimazione di Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense per sostituirsi alla nostra libera coscienza individuale.
Vorremmo sapere se, per caso, qualcuno abbia – ad insaputa di tutti gli altri – delegato Cassa Forense per sostituirsi al più libero tra i “liberi professionisti”, all’avvocato, tutore del diritto quanto un magistrato, individualmente responsabile di un pezzo di giurisdizione, vocato alla responsabilità di difendere le altrui libertà.
È evidente che Cassa Forense ha esorbitato dalle sue funzioni. Difatti, Cassa Forense non ha alcun titolo per parlare o – addirittura – decidere a nome degli avvocati italiani.
Come l’INPS non rappresenta i pensionati, Cassa Forense non rappresenta gli avvocati.
La “Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense” è meramente un ente previdenziale e, pur avendo natura legale di fondazione con personalità giuridica di diritto privato, è soggetta alla vigilanza del Governo nazionale, per il tramite dei Ministeri del Lavoro, dell’Economia e della Giustizia. Fondata nel 1933 dal Governo fascista di Benito Mussolini, oggi conserva la finalità di assicurare agli avvocati un trattamento previdenziale, nonché l’erogazione di trattamenti assistenziali e la gestione di forme di previdenza integrativa. Fuori da questo perimetro, Cassa Forense non può e non deve agire in nome e per conto o sulle spalle delle nostre toghe. Non può e non deve.
Cassa Forense avrebbe dovuto astenersi; invece, si è fatta portavoce del Governo nazionale per spingere una delle categorie sociali più concrete ed attente ad un trattamento sanitario che solleva moltissimi interrogativi.
Noi avvocati siamo cultori del dubbio, di quel nobile principio per cui la verità non è mai un dogma ma va sempre ricercata, contemperata nel pluralismo dei distinti punti d’osservazione, senza radicalismi oscurantisti e con pieno di diritto di pensiero e di parola di tutti, nessuno escluso, foss’anche di chi pone il “dubbio”, parola tanto cara al mondo forense da aver dato il nome al quotidiano “Il Dubbio”, pubblicato da “Edizioni Diritti e Ragione” di proprietà del Consiglio Nazionale Forense, attraverso la sua “Fondazione dell’Avvocatura Italiana”.
Non ci sfugge che la richiesta di Cassa Forense sia soggiunta in modo ridondante alla dichiarazione del Consiglio Nazionale Forense, che ha pubblicamente appoggiato la richiesta dell’Associazione Nazionale Magistrati rivolta al Ministro della Giustizia per una vaccinazione preferenziale di avvocati e magistrati.
Quando e in che modo il Consiglio Nazionale Forense si è riunito per decidere nell’interesse di tutti gli avvocati italiani il godimento di un privilegio sanitario non richiesto?
Soprattutto, sulla scorta di quali studi scientifici sono giunti, Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense, a recepire tutta la narrativa del Governo nazionale?
Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense sono chiamati ad astenersi dall’assumere posizioni politiche, di competenza esclusiva del singolo professionista, e a limitarsi alle proprie pubbliche funzioni. Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense, infatti, non costituiscono il partito degli avvocati, bastando solo la loro funzione di enti a servizio dell’avvocatura italiana, di cui peraltro da più parti si auspica l’abolizione.
Nel solco del dubbio e nella ricerca della verità, l’Associazione Avvocati Liberi non può che non condividere la posizione di Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense e da questa dissociarsi fermamente e apertamente; con il proposito consapevole di aprire un ampissimo dibattito culturale in seno all’avvocatura italiana, chiamata ad essere anzitutto classe intellettuale e pensante del Paese.
Premessa la violazione della Costituzione italiana da parte del Governo nazionale, su cui non vi è più dubbio alcuno, poiché al dubbio segue la ricerca della verità a cui si accompagna la certezza dell’evidenza e persino della confessione, le richieste di vaccinazione nei termini dichiarati dal Governo nazionale sono quantomeno avventate e sostanzialmente ingiustificate.
I vaccini in commercio sono ancora sperimentali, non sono stati approvati dagli organi competenti, non se ne conoscono effetti collaterali, reazioni allergiche, controindicazioni, interazioni con altri farmaci o vaccini. Non se ne conosce l’efficacia, soprattutto nei confronti delle numerose varianti del virus. Non se ne conosce la durata dell’eventuale copertura. Tecnicamente non sono nemmeno “vaccini”, bensì terapie geniche che operano attraverso l’inserimento nel corpo umano di un codice RNA messaggero con il compito di ricompilare il patrimonio genetico di chi lo riceve.
Da tali assunti, per quanto pacifici, non controversi, ammessi ed incontrovertibili, discendono conseguenze logiche fondamentali che Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense stanno omettendo gravemente di considerare.
L’obbligatorietà di assunzione di un farmaco sperimentale, che agisce sul patrimonio genetico personale, configura – anzitutto – la violazione dell’art. 32 della Costituzione italiana, che detta una riserva di legge in deroga di un diritto fondamentale, indisponibile ed inviolabile della persona umana, come riconosciuto anche sul piano del diritto internazionale. Nel secolo scorso, nel 1946 a Norimberga, la violazione di questo diritto è stata definita come crimine contro l’umanità.
Dobbiamo fermamente protestare, sul punto, quanto più che il presupposto della richiesta di Cassa Forense risulti oggettivamente suggestivo e non concretamente fondato. Difatti, Cassa Forense ha indicato come “vulnerabile” la categoria degli avvocati per il fatto di tenere contatti col pubblico. Questa singola circostanza non può evidentemente bastare per fare rientrare nell’ambito dei lavoratori vulnerabili gli avvocati che operano nei palazzi di giustizia, se si considera che non vi è ambito umano in cui non vi sia contatto personale.
Soprattutto, per quanto suggestiva, è infondata nei numeri la premessa di Cassa Forense. Se le domande assistenziali degli avvocati hanno raggiunto undicimila richieste, su cui è certamente opportuno svolgere approfondita attività istruttoria per impedire anche ad un solo avvocato di godere di un beneficio immotivato, Cassa Forense deve prima di tutto spiegare quanti di questi siano risultati asintomatici, quanti guariti e da cosa guariti, quanti rimasti invalidi, quanti deceduti, quanti si trovino attualmente ricoverati in ospedale, quanti in terapia intensiva, quanti in rianimazione, quanti in assistenza domiciliare, quanti in isolamento fiduciario.
I numeri non tornano e sui numeri non si opina. Undicimila, infatti, è la cifra che sommerebbe gli avvocati che avrebbero – per Cassa Forense – contratto il virus e gli avvocati semplicemente venuti a contatto con soggetti a rischio e posti in quarantena. Eppure, la cifra di “undicimila” casi nell’avvocatura italiana dovrebbe distinguere le differenti condizioni, anche per spiegare se gli stessi “undicimila” si siano ammalati tutti o meno e se siano tutti guariti, anche in considerazione di un “vaccino” per loro a quel punto non più utile, per l’immunizzazione naturale che consegue alla contrazione di un virus.
Se senza vaccino (rectius, terapia genica con RNA messaggero che ricodifica il DNA), dunque, su 245.000 avvocati italiani ne sono stati contagiati “undicimila” in un anno e di questi la quasi totalità è stata o asintomatica o è guarita o addirittura non è mai stata infetta ed è stata posta in quarantena per motivi precauzionali a seguito di contatto con soggetti terzi positivi, dove sta l’urgenza e la necessità di provvedere ad inoculare un farmaco genico sperimentale nella “vulnerabile” categoria di tutti gli avvocati italiani?
Perché, poi, dovremmo omertosamente tacere e fingere di non sapere distinguere la mano destra dalla sinistra, il giorno dalla notte, il bianco dal nero? Come potremmo essere “liberi”, persino difensori delle libertà altrui, se non ci venisse consentito il dubbio e la ricerca della verità su un “vaccino” che tale non è, per ammissione esplicita del suo produttore?
Non possiamo fingere di non sapere distinguere un vaccino da una terapia genica.
Siamo perfettamente consapevoli che attualmente si inocula un farmaco genico privo di approvazione, meramente autorizzato alla vendita in spregio dei più elementari principi del diritto e della medicina, su tutti il principio di precauzione e a seguire i principi di proporzionalità e di ponderazione tra rischi e benefici.
Il farmaco in questione è sperimentale ed è stato autorizzato con tale finalità, per condurre una sperimentazione di massa della durata di due anni. Basta leggere i documenti ufficiali.
Come possiamo, noi Avvocati, difensori dei diritti e delle libertà, tacere?
Per tali ragioni, esprimiamo il nostro totale dissenso e ci dissociamo dalla richiesta di Cassa Forense e Consiglio Nazionale Forense e chiediamo che tra i Colleghi si apra un pubblico dibattito nazionale sul tema, posto che gli Avvocati siamo chiamati anche ad essere classe intellettuale del Paese.